È una corsa senza fine, quella debito pubblico del nostro Paese: la relazione di Bankitalia certifica che nel mese di aprile il debito ha centrato un nuovo record (il precedente era di marzo), superando di oltre 50mila miliardi il livello toccato a fine 2011.
[ad]La colpa è di una crescita che latita da oltre dieci anni, spiega il Dg della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, e di una struttura economica – prevalentemente basata sul “piccolo è bello”, ma anche abituata ad ingenti aiuti di Stato – che è inadatta a competere nei mercati emergenti: verso Cina ed India il nostro Paese esporta la metà di quanto faccia la Germania, soprattutto per mancanza di tecnologie.
La dichiarazione rilasciata ieri sera dal Premier, circa l’intenzione di vendere parte del patrimonio pubblico, nasce proprio da questa constatazione: l’Italia si assume importanti impegni in termini di bilancio, ma per essere veramente credibile deve abbattere il proprio debito e slegarsi dalla dinamica degli spread che ormai da mesi martella in ogni discussione di politica economica. Siamo – ci ricorda la Bce – uno dei cinque Paesi dell’area euro ad avere un debito superiore al Pil, e ciò è ogni giorno meno sostenibile.
Il premier ieri non ha precisato cosa intende presentare, ma oggi si è cominciato a fare le prime ipotesi. Sul piatto l’idea di creare delle società di gestione del risparmio (SGR), o dei fondi immobiliari, attraverso la cui quotazione presso investitori privati si riuscirebbe ad ottenere liquidità. Altra opzione è quella di utilizzare la Cassa depositi e prestiti (che non rientra nel perimetro della PA) per fargli acquistare asset del Tesoro per oltre 50 miliardi di euro (si parla di aziende pubbliche floride, come Fintecna e la sua controllata Fintecna immobiliare). In entrambi i casi, i fondi ricavati dovrebbero essere vincolati alla riduzione del debito pubblico, per legge.
Cosa vendere? Su questo il premier è stato più chiaro: si tratterà di beni mobiliari ed immobiliari, prevalentemente di proprietà di comuni e regioni. Servizi pubblici locali, quindi, società ex-municipalizzate, aziende che hanno un valore economico plausibilmente più profittevole delle aziende le cui quote di partecipazione sono in mano allo Stato. Sul piano del patrimonio immobiliare invece, bisogna capire quanta parte del patrimonio immobiliare è realmente cedibile (si parla di 42 miliardi) e come renderlo profittevole senza impegnare lo Stato stesso a pagare onerosi affitti.