La legge 38/2009 ha convertito senza variazioni il d.l. 11/2009, introducendo, all’articolo 612 bis del Codice Penale, il reato di “Atti persecutori” comunemente conosciuto come “stalking”.
L’espressione stalking deriva dall’inglese “to stalk” e vuol dire “fare la posta, seguire ossessivamente la preda”. Il fenomeno riguarda infatti la condotta di un soggetto che, spinto dal desiderio di possedere o di avere una relazione con un’altra persona, la perseguiti ossessivamente e continuativamente al fine di ottenere da questa le attenzioni desiderate.
[ad]Tipici stalkers sono l’ex fidanzato/a o l’ex coniuge che, allontanato dal partner, cerca con condotte reiterate di minacce e molestie di riconquistarlo. Le loro armi iniziali sono l’invio spasmodico di sms, telefonate, e-mail, pedinamenti e intrusioni nella vita privata. Non di rado il fenomeno può degenerare sfociando nell’ uccisione della persona perseguitata.
Prima dell’introduzione di questa nuova normativa il nostro ordinamento non era in linea con gli altri legislatori: i delitti di molestie, di violenza privata e di minacce non erano in grado di rispondere adeguatamente alla pericolosità e alla gravità di questa condotta.
Così negli ultimi decenni in tutti gli ordinamenti giuridici più avanzati si è provveduto ad introdurre tale reato.
Il delitto di stalking provoca un grave allarme sociale poiché non solo lede la libertà morale della persona, ma anche la sua serenità psicologica e la privacy. Inoltre , affinchè gli atti persecutori possano essere considerati tali, il legislatore richiede che le condotte di minaccia e molestia, la base del reato di atti persecutori, siano reiterate nel tempo; non basta una singola minaccia o molestia per integrare il delitto di cui sopra. E’ il giudice a valutare discrezionalmente il numero di condotte necessarie per configurare il reato; solo egli è capace di individuare se la capacità persecutoria del reo sia in grado di generare nella vittima , alternativamente, queste tre condizioni:
1) Perdurante e grave stato di ansia o di paura;
2) Timore fondato per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legato da relazione affettiva;
3) Costrizione della vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
Grazie alla dottrina e alla giurisprudenza nel corso degli anni sono stati individuati vari tipi di stalking:
1)Stalking vigilante: condotte di sorveglianza, inseguimento, raccolta di informazioni sulla vittima e sui suoi spostamenti, intrusioni, appostamenti presso la dimora e i luoghi di lavoro o svago della vittima, visite senza preavviso. Prima dell’introduzione dell’art.612-bis c.p. tali condotte erano perlopiù prive di rilevanza penale nel nostro ordinamento.
2) Comunicativo: tentativi di comunicazione e di contatto della vittima per via epistolare, telefonica, sms, attraverso scritte sui muri, messaggi a casa, ufficio, sull’auto, invio di fiori e regali.
3)Cyber: condotte di intrusione molesta nella vita altrui rese possibili attraverso le moderne tecnologie informatiche: invio massiccio di e-mail, virus, furto dell’identità digitale, creazione di siti internet ad hoc, discredito e assillamento della vittima su social network.
4)Vip : casi in cui la vittima è un personaggio famoso e lo stalker è un suo ammiratore.
Come può difendersi la vittima di stalking? Il reato è punibile a querela della persona offesa (entro il termine di sei mesi) ed eccezionalmente d’ufficio nei casi di vittima minore o disabile, di connessione con altro reato procedibile d’ufficio e di soggetto già “ammonito” dal questore.
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[ad]Proprio l’articolo 8 del d.l. 11\2009 introduce un importante strumento di intervento, “l’ammonimento del questore”. Tale articolo prevede che “fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’art 612-bis c.p., la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta”.
L’atto in questione può essere espletato anche prima dell’integrazione dei presupposti di cui all’art 612-bis c.p., cioè è possibile fare riferimento a fatti anche diversi da quelli tipici, capaci di determinare verosimilmente un soggetto di reato.
L’avvio del procedimento dovrà essere instaurato quando gli atti in suo possesso non lascino alcun margine di incertezza: dato che si tratta di un’attività preventiva il questore può convocare i soggetti che possono fornire indicazioni e notizie utili, anche la stessa persona offesa. Egli deve infatti comprendere la serietà dei fatti illustrati e la fondatezza della domanda avanzata.
L’autorità provvede ad ammonire oralmente la persona e le risultanze dell’attività vengono formalizzate allorchè il questore rediga un processo verbale che viene rilasciato all’ammonito.
Se l’autore dello stalking era già stato ammonito, al momento della condanna la pena è aumentata.
Con il successivo articolo 9 del d.l. 11\2009 il legislatore introduce all’art. 282-ter c.p.p. una nuova misura coercitiva: il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
La cautela consiste nel divieto di avvicinamento a determinati luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero nell’ordine di mantenere una distanza da questi luoghi ovvero dalla stessa vittima dell’attività molesta. Dunque il soggetto raggiunto dall’ordinanza cautelare dovrà evitare il contatto personale con l’offeso, rimanendo ad una distanza predeterminata.
Inoltre se sussistono ulteriori esigenze di cautela, tale prescrizione può tutelare i prossimi congiunti della persona offesa, ovvero i conviventi o le persone alle quali l’offeso risulti affettivamente legato.
Da quanto appena esaminato appare chiaro come sia stato importante introdurre questo reato nel nostro ordinamento. Infatti da quando è stato inserito assistiamo alla punizione di atti che prima non erano considerati nemmeno penalmente rilevanti dalla nostra legislazione.
Secondo l’Osservatorio Nazionale sullo Stalking, quasi 1 italiano su 5 sarebbe vittima di atti persecutori i quali, a volte, degenerano in violenza fisica.
Il problema più grande, però, consiste nella scarsezza di denunce che arrivano alle forze dell’ordine; essendo un reato a querela dell’offeso, e solo in alcuni e ben specificati casi il giudice può procedere d’ufficio, molte vittime hanno paura di denunciare, sicure che questa loro azione possa comportare una recrudescenza degli atti dello stalker nei loro confronti.
I casi di stalking sono equamente divisi sul territorio nazionale, dove si attestano intorno al 20% dei reati e questo fenomeno, sicuramente, ha avuto un’impennata negli ultimi anni.
Difatti la tecnologia, social network in testa, ci rendono più esposti al mondo esterno e quindi più vulnerabili. Sono noti i casi di cyber stalking dove alla vittima viene anche rubata la sua identità personale con la quale vengono creati falsi account facebook e twitter nei quali vengono “postate” frasi ingiuriose e descritte attività non vere.
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Il fenomeno però è più complesso di quello che si pensi: mentre la stragrande maggioranza degli stalker risulta essere uomo, vi sono un notevole 30% di autori donne. Molti sottovalutano il problema, ma le nuove tecnologie e la forza sempre maggiore che le donne hanno nella nostra società, rendono gli ex fidanzati o ex coniugi meno tutelati poiché, a volte, non si crede che un uomo possa essere vittima di atti persecutori.
Sarebbe ancor più utile rafforzare le già presenti strutture dove gli stalker vengono curati. Infatti dal 2007 l’Osservatorio Nazionale Stalking ha istituito, sia a Roma sia in altre parti d’Italia il “Centro Presunti Autori” dove i presunti stalker sono sottoposti ad un periodo di recupero psicologico gratuito. Spesso,infatti, questo reato è ingenerato da una vera e propria psicopatia la quale è il più delle volte curabile attraverso questa attività che permette, sia alla vittima sia al carnefice, di avere una vita quanto più normale possibile.
Insomma, il nostro Stato ha fatto bene ad introdurre questo nuovo reato poiché il vuoto normativo era palese, ma non basta. E’ necessario che la legge venga fatta rispettare nel migliore dei modi, facendo si che le vittime, una volta denunciati i loro aggressori, siano sicure che né loro né i loro cari siano più in pericolo.
Andrea Iurato, Marcella Gambino