Se la flessibilità si trasforma – come spesso accade – in precariato, si parla giustamente di ingiustizia sociale, che ha spesso come protagonisti imprenditori con poca inventiva e giovani con bei titoli di studio.
[ad]Se la precarietà vede invece coinvolta la Pubblica Amministrazione nella veste datoriale, suscita anche una certa indignazione dallo stesso ceto politico da cui è diretta: il caso più emblematico riguarda i docenti “stabilmente precari”, da vent’anni alla ricerca di una cattedra ma annualmente (quando va bene) coinvolti nella giostra della scelta delle cattedre. Per non parlare del mondo accademico.
Capita però che ci siano iniziative che permettono a tanti dipendenti della PA di uscire dal precariato, di conquistare l’agognata stabilità, e che però queste iniziative puzzino un po’ di malcostume. È il caso odierno della decisione della Regione Sicilia, che intende stabilizzare ben ventimila precari, quelli dei suoi enti locali.
Dietro il nobile intento infatti si nasconde la vecchia ed insana abitudine di utilizzare il lavoro – precario – come strumento per costruirsi un’opinione pubblica favorevole, un elettorato fidelizzato.
La notizia è che l’Assemblea dell’isola ha votato una “legge voto” (strumento previsto nello Statuto straordinario) che richiede al Parlamento nazionale di prorogare i termini per il triennio 2012-2014 entro cui adeguare il costo per il personale rispetto al totale delle spese correnti, che dovrebbe essere del 40% ed è invece in molti casi superiore al 50. In questo modo sarebbe possibile prorogare i contratti precari o procedere, appunto, a stabilizzarli. In caso contrario, per i ventimila dipendenti di cui si parla, le porte della pubblica amministrazione si chiuderebbero. Spetta allora al Parlamento decidere se concedere o meno tale possibilità, e con i tempi che corrono pare difficile che la legge venga approvata. Si dovrà tener conto del rigore richiesto dall’Europa, delle regole per l’accesso alla Pubblica Amministrazione (nella quale si entra mediante un concorso pubblico, di cui in questa storia non si vede neanche l’ombra), dell’opinione pubblica generale e di quella siciliana.
Molto dipende allora da quanto riusciranno a fare i deputati ed i senatori siciliani. Un risultato minimo è però garantito: nella prossima stagione politica si voterà sia per rinnovare il Parlamento, sia per rinnovare l’Assemblea Regionale, e gli uscenti hanno già la prima promessa “mantenuta” da sventolare.