Il G20 in Messico si è mosso con circospezione non esponendo nessuna misura concreta per uscire dalle fibrillazioni periodiche dell’euro e dalle politiche di austherity che tengono sotto scacco le cancellerie del vecchio continente. L’impegno a virare dalla linea del fiscal compact c’è ed appare in calce nella bozza d’accordo dei capi di governo dei 20 paesi più prosperi al mondo. Di contro la novità non è una rivoluzione, mancano le misure precise per riattivare la crescita e fare in modo che questa sia florida di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
[ad]La Merkel è sotto pressione prima ancora che isolata e avere al tavolo dei grandi per la prima volta il neoeletto presidente francese Hollande è servito a spostare ulteriormente l’equilibrio politico verso il piano di stimolo dell’economia, fronte ben presidiato nelle ultime settimane dall’occhio vigile e interessato di Barack Obama.
Per l’inquilino dell’Eliseo il battesimo in questo alto consesso politico sta diventando un tavolo per misurare il consenso attorno alcune sue proposte chiave del progetto di revisione della politica-economica comunitaria: politiche di consolidamento per i bilanci, vale a dire meno rigore merkeliano e più interventi per la crescita; un patto per stabilizzare i prezzi delle materie prime, petrolio in primis; Tobin tax per le transazioni finanziarie; una regolazione della finanza a livello europeo e globale.
La sua tassazione del 75% oltre il milione di euro di reddito deve ancora vedere la luce nel governo Ayrault e seguire l’iter d’approvazione all’Assemblea Nazionale. Superati questi passaggi, probabilmente senza rallentamenti, il provvedimento dovrà passare le forche caudine del Consiglio Costituzionale, dove siete da stamane Nicolas Sarkozy in qualità di membro di diritto poiché ex presidente.
C’è chi si mette avanti nelle pressioni sulla Francia e più che altro ne vuole approfittare offrendo una tassazione amica degli imprenditori e dei patrimoni della grande borghesia parigina.