Dopo il caso Lusi, il Pdl è un partito anarchico
“Ho delle pazze idee” ripete da qualche settimana l’ex premier, Silvio Berlusconi memore dei suoi ventennali successi elettorali costruiti – comunque li si guardi – sulla scia di una follia erasmiana elogiata a più riprese nel corso della sua parabola politica. In realtà sarebbe da usare il singolare. Di pazza c’è soltanto un’idea in campo per rinvigorire il Pdl, cominciando a inseguire istanze antisistema, cercando di ammansire quel segmento di elettorato che il centrodestra sta perdendo a beneficio del Movimento 5 Stelle: il ritorno alla lira.
[ad]Divulgata la sera, il Pdl scontava un pomeriggio caratterizzato sì da un’uscita, ma non dal rigoroso sistema monetario che impedisce di tornare a praticare le svalutazioni competitive, bensì dall’aula del Senato. E qui, più che a Berlusconi bisogna rifarsi alla definizione di un suo giornalista di riferimento, Giuliano Ferrara quando affibbiò al Pdl l’etichetta di “partito anarchico”. Erano i moral issues a inquietare l’anima teocon dell’Elefantino e la conseguente libertà di coscienza legittimata da Berlusconi, conscio di avere ali cattoliche tradizionaliste amalgamate con ex liberali e molti laici. D’altro canto, fino al testamento biologico o alle coppie di fatto, il Pdl poteva contare su un esercito ben disciplinato per quanto con spazi autonomi, nei quali coltivare idee eretiche.
La libertà di coscienza, però, mai si era condensata nell’abbandono dell’emiciclo e mai aveva toccato issues centrali nella definizione dell’identità del Pdl. Il rifiuto di partecipare al voto sull’autorizzazione a procedere per l’arresto dell’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi sta facendo da spartiacque.
Il garantismo e la diffidenza verso la magistratura sono state asse portanti del berlusconismo e rinunciarvi può comportare lo stesso effetto che ha già avuto la remissione di ogni disegno di riduzione del peso dello Stato e delle tasse in questo paese. C’è pertanto un prima e c’è un dopo. Iniziato col governo Monti e col capolinea della leadership carismatica di Berlusconi.
Ecco, che l’anarchia – tollerata agli albori come eccezione – abbia finito per propagarsi in ogni scompartimento e sta entrando pericolosamente nella sala macchine. Berlusconi ne sta dando una rappresentazione plastica, introducendo un issue non solo non concordato col suo segretario Alfano, ma estraneo al Dna di buona parte dei suoi parlamentari. In pochi dei suoi sono smaniosi di abbandonare l’euro.
Privo di un ammiraglio il senso di indisciplina fa oscillare il Pdl attorno ad una colonna invalicabile: quella del ritiro dalle scene, preparato da una progressiva scomparsa del partito dalle decisioni prima ancora che dalle menti degli elettori. In una sola giornata così è riuscito ad alternare un voto in comune con Lusi per accantonare il taglio del numero dei parlamentari dalla riforma dell’assetto costituzionale del paese e l’incapacità di adire almeno il voto segreto al Senato sul provvedimento cautelare a carico del deputato ex Partito Democratico. Probabilmente, accompagnandosi con una vena di ingenuità.
Rinviare la riduzione del numero di deputati e senatori attira ancora di più gli elettori verso i lidi grillini, mentre dare in pasto ogni decisione su Lusi al Pd pensando di aver giocato d’astuzia, si è rivelato un momento pilatesco. E con un’offerta politica sempre più aggressiva anche gli elettori di centrodestra stanno sperimentando l’anarchia, spostando l’intenzione di voto verso l’astensione o la protesta.