Renzi, l’Espresso e il battesimo del fuoco
Lo sbarco dei mille amministratori per la candidatura di Renzi a palazzo Chigi avverrà sabato a Firenze, in zona Palacongressi. Niente ripetizione della Leopolda, almeno per ora. Il sindaco rottamatore ha in mente di tenere un nuovo Big Bang soltanto nelle battute finali della campagna per le primarie, due settimane prima del voto previsto per il mese di ottobre.
I nomi e i numeri di sindaci, assessori e consiglieri comunali – tutti di area Pd – saranno una prima esibizione del suo potenziale di fuoco. Accusato com’è di avere fin troppo appeal nel centrodestra e di averne meno all’interno del centrosinistra, il raduno di politici di rilievo del Partito Democratico è un segnale di sfida rivolto all’avversario, il segretario nazionale Pierluigi Bersani che pochi giorni dopo l’annuncio delle primarie aveva già raccolto firme prestigiose a sostegno della sua candidatura.
[ad]Calare i nomi di Arturo Parisi, ex custode del rito prodiano, di alcuni veltroniani come Salvatore Vassallo, l’ex primo cittadino di Piacenza Reggi è un modo per riaffermare una ricerca del consenso all’interno del gruppo centrosinistra, scegliendo lo stesso terreno elettorale dell’avversario da battere.
Del resto, si incentra sull’affermazione di gruppo la campagna comunicativa sulle primarie di Renzi che recentemente è tornato a sfoderare il “noi” riferendosi alla sua rottamazione e alla sua ipotesi di ufficializzare la sua entrata nell’arena delle primarie. Un lessico per includere quante più persone nel progetto della scalata alla premiership, che alla fine vedrà soltanto lui mettere la faccia.
Lo stratagemma migliore per fare gruppo, però, resta quello di aggregare segmenti di Partito Democratico sfilacciati dalla segreteria Bersani. Formando una sua squadra di partenza e definendola chiaramente nel perimetro progressista, a quel punto diventerebbe meno equivoco cercare di fare incetta di esponenti culturalmente moderati e di centrodestra. Non che Matteo Renzi si trovi nella posizione di Nicolas Sarkozy del 2007 e francamente la sua “rupture” rispetto a quella del gollista non ha da trovare un Jacques Seguelà o un Max Gallo da strappare alla schiera degli avversari – che raramente hanno offerto figure di intellettuali, statisti e figure bipartisan –, ma prevarrebbe la trasparenza nell’operazione di catturare l’elettorato moderato disaffezionato da 18 anni di inconcludenza berlusconiana.
Questa strategia finisce facilmente sotto la lente di ingrandimento degli osservatori e istiga qualche fantasia in Berlusconi stesso, l’amante disperato dietro alle sue “pazze idee”. Il papello pubblicato in esclusiva dall’Espresso è una conferma di quella tendenza oramai anarchica del Pdl, che premette e – di fatto – teorizza lo scioglimento del partito. Pensare di sostenere Renzi per il fronte berlusconiano è più anarchico che folle in effetti, ma per il rottamatore conta che questa rivelazione sia il suo battesimo del fuoco.
Anzitutto con la stampa. Lo scoop dell’Espresso, offrendo un accostamento fra Berlusconi e Renzi anche senza che quest’ultimo abbia offerto il minimo cenno d’adesione è l’inizio delle ostilità fra l’editoria debenedettiana e la candidatura del sindaco di Firenze.
Per questo, la caccia al consenso del pentito di centrodestra può pure garantire di essere fruttifera in termini di voti, ma entrerà sotto una maxi lente d’ingrandimento per verificare che tutto fili liscio, senza ammettere la possibilità di alcun coinvolgimento di decision makers ex Pdl.