Un’impresa collettiva, un partito senza padroni “né ad Arcore, né a Bellerio, né su internet”. Questo il Partito Democratico, secondo il suo Segretario, Pierluigi Bersani. Riprende la frase da un ragazzo, intervenuto nella mattinata all’assemblea dei segretari di circolo – assemblea che a suo tempo vide protagonista una giovane e misconosciuta Debora Serracchiani (oggi a Firenze). E non sarà certo un caso, perché a meno di 300 chilometri di distanza, a Firenze, il “giovane per antonomasia” del Pd, Matteo Renzi ha riunito un migliaio di amministratori locali per rilanciare il suo progetto di svecchiamento del Partito in vista delle Primarie.
[ad]Richiamare l’intervento del giovane segretario ha una doppia valenza, nel gioco interno al partito: da un lato, dimostrare che di giovani ce ne sono da entrambe le parti, dall’altra ribadire un concetto che nei quasi tre anni del suo segretariato, Bersani ha ripetuto più volte: il partito come un collettivo, il noi davanti all’io. Ed una terza valenza è invece esterna alla lotta interna al partito: è l’occasione per punzecchiare sia Berlusconi che Grillo.
All’ex Premier ha dedicato le frecciate più affilate: “dice che torna in campo, ma non ce l’ha neanche lasciato il campo dopo 10 anni di cura” e – a proposito della ricerca di un nuovo nome per il pdl – “tempo fa ha rifiutato la mia proposta “viva la mamma””; del comico genovese invece parla come di uno che vuol guidare stando ai box.
Tutto ciò, parlando anche di euro (“se fallisce è un affarone per chi ha debiti in Italia e soldi all’estero”, mentre gli altri si troverebbero carta straccia), del governo Monti (“luci ed ombre, e sulle ombre siamo pronti a prenderci i nostri impegni per il futuro”), di riforma elettorale (“sia chiaro che il nostro interesse è ridare potere ai cittadini”, ma si fa quel che si può nell’attuale Parlamento), rassicurando che nel caso non sia arrivasse ad alcuna riforma, il Pd istituirebbe delle primarie per comporre le liste (fermo restando che alcune competenze debbono rimanere salvaguardate). “Noi siamo per l’innovazione” – ribadisce – ma che abbiano “un po’ di storia e valori”, perché altrimenti si lascia il passo al populismo, al consenso anteposto alle regole. Su queste basi, sarà invece possibile fare le riforme, anche quella sui partiti.
Il “partito collettivo” oggi ha cominciato a contarsi, un ulteriore passo verso le primarie d’autunno.