Le balle che la Germania racconta ai tedeschi. E a noi
La disoccupazione tedesca non è mai stata così bassa, al 6,7%, mentre l’economia tiene botta alla crisi continuando a crescere. I diritti dei lavoratori sono garantiti, il welfare tedesco è più efficiente che mai, il bilancio mantiene segno positivo, la società è ricca, forte e unita. Deutschland Deutschland über alles!
Balle.
[ad]La Germania non sta bene, la ricchezza è apparente, i dati sull’occupazione sono gonfiati, e il rigore economico tedesco è un’invenzione. Partiamo dal debito pubblico che, nonostante la congiuntura economica nazionale positiva, è arrivato alla fine del primo trimestre 2012 al record storico di 2.042 miliardi di euro, per la prima volta sopra i duemila miliardi. Lo ha reso noto l’Ufficio federale di statistica Destatis. Già la Primavera scorsa Eurostat quantificò il debito pubblico esplicito della Germania in 2080 miliardi di euro (pari all’82% del Pil): il primo debito dell’eurozona a sfondare la soglia dei duemila miliardi. Il debito esplicito è quello determinato dalle emissioni di buoni del tesoro, autentici contratti con i quali lo Stato si impegna, alla scadenza, a pagare il capitale ricevuto in prestito con l’aggiunta di interessi. C’è anche il debito pubblico “implicito” che consiste in una proiezione della spesa, attualizzata, per assistenza sociale, pensioni, sanità (il welfare, insomma) cui un Paese dovrà far fronte negli anni a venire.
I dati di debito esplicito e implicito non si possono sommare (come invece fece Libero), poiché solo i primi sono suscettibili agli umori del mercato, i secondi sono piuttosto una stima presente e futura di spesa. Ciò detto, resta il fatto che il debito pubblico tedesco “esplicito” è ai record storici.
Veniamo ora al tasso di disoccupazione, ufficialmente al 6,7%. Peccato che gran parte dei lavoratori, specie i più giovani, siano assunti con mini-job. Si tratta di lavori scarsamente retribuiti (circa 400 euro mensili) che occupano ormai circa sette milioni di tedeschi (su 39 milioni di occupati rappresentano il 18% circa della forza lavoro). Questi lavoratori non pagano tasse e hanno sussidi pubblici a integrare il magro stipendio. Erano nati come “lavoretti” integrativi per giovani, nel settore turistico o nella ristorazione, ma sono diventati una regola del mercato del lavoro tedesco. Al 6,7% di disoccupati occorre quindi aggiungere il 18% di sottoccupati. E la musica cambia. Anche per chi un lavoro ce l’ha le cose non vanno benissimo: gli abituali aumenti degli stipendi, la redistribuzione dei dividendi, sono per molti un ricordo del passato. Non è un caso che nell’industrializzato nord Reno-Vestfalia il partito di governo sia stato clamorosamente battuto. I tedeschi, crisi o non crisi, non vogliono rinunciare a nulla.
Il welfare tedesco costa molto ma è senz’altro una spesa che vale la pena fare se si hanno soldi sufficienti. Peccato che i soldi mancano anche alla Germania. Le pensioni soprattutto sono un problema: in Germania i «Pensionen» sono una categoria fortunata, ex-dipendenti pubblici ricevono una pensione media di 3500 euro mensili. Il loro numero è di circa 103mila, altri 70mila circa ricevono una pensione media di 2700 euro. In tutto rappresentano il 54% circa dei pensionati. Il restante 46% sono «Rentner», ovvero i fruitori di trattamento previdenziale generico: più della metà di questi percepisce una “minima” di 700 euro. Da un lato si trovano quindi tedeschi “privilegiati” e dall’altro un buon numero di persone che si sostenta a malapena in un paese dall’elevato costo della vita.
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