Nuove schermaglie sono sorte tra Georgia e Azerbaijan riguardo questa volta il problema del complesso monasteriale di David Gareja che si trova diviso tra i due Paesi. I rapporti tra le due nazioni seguono alti e bassi, prima di questi recenti problemi i presidenti Aliyev e Saakashvili, avevano perfino avanzato la proposta di ospitare congiuntamente gli europei di calcio del 2020. Nella capitale georgiana, Tbilisi, è presente un parco dedicato ad Aliyev padre e inaugurato da lui stesso, ed esiste pure una strada a lui dedicata. Questa amicizia può sembrare alquanto strana a causa delle forti differenze storico-culturali dei due Paesi, ma acquista significato in un’ottica antirussa.
[ad]L’ingombrante vicino continua a perdere influenza in questi due Paesi che hanno intrapreso da tempo una strada verso un’effettiva indipendenza politico-economica. Se l’Azerbaijan può contare sul sostegno della Turchia, la Georgia può contare sull’appoggio statunitense ed europeo. Ad avvicinare ulteriormente i due Paesi è l’inimicizia che li lega all’Armenia; l’Azerbaijan e il conflitto mai risolto del Nagorno Karabakh mentre la Georgia per motivi storico-culturali e per l’appoggio incondizionato che l’Armenia concede ala Russia e questo è un fattore fortemente destabilizzante nella regione caucasica. La disputa riguardo David Gareja è fortemente sentita dalla popolazione georgiana in quanto il complesso monastico, costruito nel sesto secolo, è uno dei luoghi più sacri per i georgiani. Durante il periodo sovietico Stalin, per la logica del dividi et impera, ha avuto l’astuzia di far passare il confine tra i due Paesi proprio in mezzo a questo complesso.
La Georgia ha più volte cercato di rientrare in possesso della parte del monastero che si trova in terra azera, sempre attraverso canali diplomatici facendo anche ampie concessioni economico-territoriali. L’Azerbaijan ha sempre rifiutato considerando la zona militarmente strategica. Nonostante questo, non è mai stato negato il permesso ai pellegrini georgiani di oltrepassare il confine per visitare le parti del monastero contese, questo fino a poco tempo fa quando le guardie azere hanno bloccato l’afflusso nel proprio territorio. A Tbilisi, dopo questo fatto, sono scoppiate numerose rivolte e proteste, i manifestanti hanno chiesto anche le dimissioni del ministero georgiano della cultura considerato troppo conciliante. Di questo si è discusso nello scorso summit della NATO a Chicago sotto l’egida del presidente degli Stati Uniti. Sembra si sia trovato un accordo che però non è ancora stato ratificato. Il problema del confine rimane insoluto in quanto Georgia e Azerbaijan non accettano quello deciso da Stalin.
L’Azerbaijan, però, non può indietreggiare di un millimetro a causa della ben più importante disputa sul Nagorno Karabakh, un cedimento seppure minimo potrebbe essere considerato un segno di debolezza. Un’altra spiegazione al comportamento azero può essere quello di voler mantenere alta la tensione in un Paese che si sente costantemente minacciato dall’Armenia e di un governo che continua ad aizzare la popolazione con continue dichiarazione riguardo presunti piani di invasione organizzati dall’Armenia. Infatti si cerca di unire il popolo contro un nemico esterno per coprire i problemi di una dittatura che mostra le prime crepe e deve subire i primi segni di malcontento da parte della popolazione.
di Michael Biasin