Città del Messico in questi giorni è letteralmente assediata dalla propaganda elettorale. Le elezioni sono ormai incombenti e i vari candidati per le innumerevoli poltrone che si assegneranno domenica 1° Luglio non perdono occasione per cercare di farsi notare dai circa 24 milioni di messicani che affollano le strade della capitale. Ovviamente, la poltrona più importante da assegnare domenica è
[ad]quella di Presidente della Repubblica. Una poltrona che, dopo i 70 anni di dominio del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale), è stata occupata dal PAN (Partito di Azione Nazionale) dal 2000 ad oggi. A meno di una settimana dal voto, l’atmosfera pre-elettorale lascia presagire un ritorno al potere del PRI, guidato in queste elezioni dal giovane candidato Enrique Peña Nieto, ex governatore dello Stato del Messico (Stato che confina con il distretto federale di Città del Messico, pur non comprendendolo).
La campagna elettorale è stata intensa e i diversi candidati si sono sfidati senza risparmiarsi colpi bassi vicendevoli, ma il vantaggio che i sondaggi assegnano a Peña Nieto (oltre dieci punti percentuali) lascia poco spazio alle incertezze sul risultato finale. I motivi di questo netto vantaggio di Pena Nieto non possono certamente essere attribuiti alle evidenti capacità retoriche né alla forza delle argomentazioni del candidato: la sua performance durante l’ultimo dibattito televisivo a cui ha partecipato è stata infatti piuttosto imbarazzante, infarcita di vuoti slogan e priva di qualsiasi proposta concreta per il Paese. Stessa scena che si è ripetuta domenica allo stadio Azteca, il mega-stadio messicano, dove il candidato ha radunato i suoi numerosi sostenitori domenica scorsa. Le ragioni del suo probabile successo vanno piuttosto attribuite alle debolezze dei suoi
avversari. In particolare, sono da segnalare i seguenti fattori:
– La candidata del PAN, Josefina Vazquez Mota, troneggia ad ogni angolo della capitale cercando di convincere i suoi concittadini di voler essere “diversa” dal suo predecessore. Ma, aldilà della sua tanto decantata quanto indiscutibile differenza di genere, è ben difficile comprendere in cosa consista questa sua diversità. Inoltre, la candidata, seppur tecnicamente preparata, soffre di una piuttosto acuta mancanza di appeal popolare. Il PAN arranca nei sondaggi e potrebbe addirittura finire terzo (dietro il PRI e la sinistra), concludendo in maniera infausta i suoi seppur storici due mandati di governo consecutivi.
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– La sinistra, rappresentata dal Partido Rivoluzionario Democratico, invece di scegliere un candidato popolarissimo come Ebrard (Capo di Governo uscente del Distretto Federale, dove la sinistra continua a dominare e a essere apprezzata), ha scelto ancora una volta di correre con Andres Manuel Lopez Obrador, candidato che ha sfiorato la vittoria nel 2006 (perdendo contro Calderon del PAN per meno di un punto percentuale). Dal 2006, quando contestò platealmente il risultato delle elezioni, Lopez Obrador ha perso slancio, le sue proposte appaiono ingiallite e poco realistiche e, soprattutto, rimane difficile capire come il candidato del PRD potrebbe finanziare le varie ambiziose proposte di spesa pubblica annunciate in campagna elettorale.
[ad]Ciò nonostante, molti osservatori internazionali sperano che il suo governo possa includere personalità di spessore intellettuale e possa mantenere alcune delle promesse di riforma che sono state lungamente attese in Messico. Spiccano tra esse la liberalizzazione dei settori dell’energia e delle comunicazioni, finora monopolizzati rispettivamente da giganti di natura pubblica e privata.
La parola passa ora al popolo messicano. La prossima settimana segnerà l’inizio di un nuovo capitolo per il Messico, la cui prima pagina sembra essere già scritta.