È arrivato il momento, per la Lega Nord domani sarà il grande giorno in cui eleggerà il suo segretario, che per la prima volta non sarà il Senatur Umberto Bossi. Al suo posto, si sa, ci sarà Roberto Maroni, il “barbaro sognante” che ha sfidato il capo – e amico di una vita – ed ha ottenuto il successo. Il partito si rinnova, ringiovanisce ed elabora la strategia per uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata, tra una sconfitta elettorale ed una laurea in Albania.
[ad]Il primo congresso federale degli ultimi dieci anni è un po’ un congresso fondativo per la Lega, la nuova classe dirigente riparte praticamente da zero. Un po’ come ai tempi di Tangentopoli, quando la classe politica fu spazzata via e una nuova generazione si trovò quasi senza combattere ai vertici della politica nazionale (chi in maggioranza, chi all’opposizione), anche Maroni ed i suoi “barbari” si sono trovati a poter guidare il partito senza colpo ferire.
La loro lotta è cominciata quando ancora al governo c’era Berlusconi, Maroni era uno dei ministri più apprezzati (anche dagli oppositori), Tosi chiedeva un cambio di passo, è continuata quando Tosi minacciava di candidarsi con una propria lista e Bossi lo minacciava di cacciarlo dalla Lega. È finita che Tosi ha dapprima costretto il Senatur ad accettare le sue condizioni, poi è stato rieletto al primo turno – uno dei pochi, nella Lega del 2012 -, infine ha vinto il Congresso veneto. Maroni ha invece imposto la propria figura tra i triumviri, ha portato Bossi a scusarsi con i militanti nella serata delle ramazze, ha cacciato dal partito i “cerchisti magici”, ad esclusione di Renzo “Trota” Bossi (sarebbe stato troppo), ha siglato un accordo con il vecchio leader, gli ha concesso una posizione di prestigio, quella di presidente – la posizione che si dà appunto ai grandi vecchi – ribadendo più volte, l’ultima ieri, che lui non sarà un segretario dimezzato, che sarà lui la nuova guida, per quanto rispetto possa nutrire nei confronti del suo predecessore (che ancora oggi si ritiene il garante dell’unità padana).
Non si è avuto un vero e proprio confronto, equo e democratico, perché la dissoluzione della controparte è stata talmente veloce, inaspettata, destabilizzante, da rendere improbabile qualsiasi confronto numerico tra le due parti. Ha vinto Maroni, hanno vinto i barbari sognanti, ma la discussione sulla linea da seguire nel futuro non è chiara, non è chiaro se da una posizione di minoranza torneranno a farsi sentire i bossiani di ferro.
Oggi e domani, però, saranno tutti Maroniani, al Forum di Assago: l’ex ministro sarà candidato unico, forse verrà eletto per acclamazione e magari sarà proprio Bossi a decidere così. Staremo a vedere.