Il sondaggio del Termometro Politico, effettuato per la trasmissione di Rai 3 “Cominciamo Bene Estate”, che analizzeremo oggi non riguarda direttamente le stime di voto ma si concentra su alcune domande che aiutano a sondare l’opinione pubblica anche in ottica elettorale.
*Molto significativo il dato rispetto alle fasce d’età che rivela come i più giovani siano meno euroscettici rispetto alla media degli intervistati.
Il primo quesito riguarda il rapporto tra i cittadini-elettori e l’Unione Europea. Il dato rilevante è rappresentato da quel 66% di intervistati che ritiene dannosa l’uscita dell’Italia dell’Unione Europea. Esiste anche un’area del 20% circa che appare più diffidente, anche se con intensità diverse, ma una grande maggioranza di cittadini riconosce l’impossibilità di tornare indietro rispetto al progetto di integrazione europea. In termini elettorali tale predisposizione diminuisce il rischio di una campagna elettorale fondata sull’uscita dall’Ue, da parte di partiti come il M5S o la Lega Nord. Certo il tema dell’integrazione europea sarà molto presente ma probabilmente i toni saranno meno demagogici (per quanto ogni campagna elettorale è per definizione altamente demagogica).
Meno definite appaiono le risposte al secondo quesito che indaga il rapporto tra i cittadini, le tasse e l’onnipresente tema del debito.
* In questa slide appare evidente la maggiore propensione degli uomini ai tagli di spesa rispetto ad un aumento delle imposte mentre le donne piuttosto che tagliare preferirebbero aumentare le tasse sul patrimonio.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)
[ad]In questo caso le risposte presentano differenze percentuali meno marcate rispetto alla prima domanda. I fenomeni a nostro avviso rilevanti sono almeno due: da una parte l’incertezza sulle soluzioni adottate o da adottare, dall’altra un forte consapevolezza, quasi inconscia, della necessità di intervenire sul debito accumulato. Ovviamente la scelta tra il taglio della spesa (definizione molto ampia) o l’aumento delle tasse divide non solo gli schieramenti politici ma anche le fasce di reddito ecc. ecc.
L’incertezza sulle soluzioni da adottare sarà, molto probabilmente, il sale della prossima campagna elettorale specialmente tra Pd e Pdl ossia le formazioni che hanno reali chance di arrivare al governo e che quindi, specialmente in questo congiuntura storico-economica, non potranno avventurarsi in proposte troppe ardite (tipo abbattimento Ici/Imu piuttosto che reddito minimo garantito che sono soluzioni assai costose in termini di mancate entrate o di eccessive uscite) senza attirare cattive attenzioni dall’Ue.
Il terzo quesito è abbastanza semplice da leggere visto che le risposte sono percentualmente molto chiare.
* Analizzando nel dettaglio il terzo quesito notiamo una minore tendenza alla sfiducia verso l’intera classe politica da parte della fascia d’età 35-44 mentre le donne sono maggiormente convinte della responsabilità del governo Berlusconi rispetto alla crisi.
La metà degli elettori ritiene responsabile dell’attuale situazione economica e riflette un sentimento di sfiducia diffusa che i sondaggi rilevano da tempo attraverso la propensione al non voto che, non a caso, e sempre stata vicina al 50% negli ultimi mesi.
Esiste inoltre un terzo degli intervistati che riconosce nel precedente governo le responsabilità di tale situazione.
Infine l’ultima domanda racchiude il sentimento generale verso l’operato del Governo Monti e in questo caso domina una certa incertezza.
Il 41% del campione ritiene che il governo debba andare avanti e continuare con l’opera di risanamento, quindi la maggioranza relativa degli elettori non è quanto meno ostile al governo. C’è anche un terzo degli intervistati che invece ritiene necessario andare a votare il prima possibile e questo è molto procurante per i partiti maggiori della “strana” coalizione di Governo. Infatti quel 31% testimonia un malessere che non è semplice circoscrivere a questo o quel gruppo sociale e lo spazio per le formazioni radicali potrebbe aumentare nei prossimi difficilissimi mesi.
Il sondaggio nel complesso rivela un’ Italia certamente non in preda al panico, molto consapevole della situazione storica ma allo stesso tempo lucidamente disillusa e quindi senza troppe speranze nell’attuale sistema sociale, politico ed economico.
Molti commentatori descrivono l’Italia di oggi come quella immediatamente dopo Tangentopoli. Chi scrive non ha l’età per ricordare quel che è accaduto, il clima dell’epoca e le tensioni di allora; nonostante ciò, per quello che i dati raccontano(ad esempio la Dc e il Psi non scomparvero lentamente ma di colpo come il Psi che passò dal 13% al 2% in una sola tornata senza parlare dalla Dc che raggiungeva il 38%, estinta nel giro di due anni )l’Italia di oggi assomiglia molto di più a quel Paese che tra il 94 il 96, con enormi sacrifici, si catapultò nell’euro; un Italia piena di paure e con poche certezze ma che comprendeva l’ineluttabilità di quel momento e si affidava, con molta diffidenza, alla classe dirigente di allora. Oggi ,la differenza maggiore rispetto a quel periodo storico è,forse, l’inconsistenza dell’ establishment italiano a tutti i suoi livelli e scene come lancio delle monetine o i cappi in parlamento oggi lasciano spazio a fenomeni meno eclatanti ma più duri da affrontate come il non voto. Fenomeni che dovrebbe davvero interrogare tutti sulla qualità democratica del nostro Paese.