In molti hanno pensato alla sua posizione, quando la Corte di Cassazione ha confermato le condanne ai vertici della polizia per i fatti della Diaz. Gianni De Gennaro allora era il capo della polizia, ora è sottosegretario alla presidenza nel governo Monti.
[ad]A differenza del suo successore, Manganelli, il sottosegretario non ha usato chiedere “scusa” per quanto accaduto, ma ha parlato di rispetto per le sentenze –da aversi sia quando assolvono che quando condannano – e di dolore verso le vittime di quei fatti.
Non un gesto di riprovazione, invece, nei confronti dei suoi sottoposti di allora. Per i funzionari, l’ex capo della polizia ha ribadito “un sentimento di affetto e umana solidarietà”, per aver svolto i loro compiti con professionalità “nella lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata”.
Nessun ripensamento nemmeno nei riguardi del suo stesso operato: “ho sempre ispirato la mia condotta e le mie decisioni ai principi della Costituzione e dello Stato di diritto e continuerò a farlo con la stessa convinzione, nell’assolvimento delle responsabilità che mi sono state affidate in questa fase”. D’altro canto, la Cassazione nei suoi confronti ha ritenuto di arrivare all’assoluzione per insussistenza dei fatti a lui imputati (istigazione alla falsa testimonianza).
La replica dell’allora leader del movimento no-global , Vittorio Agnoletto, che lo paragona ad un capobanda piuttosto che a un rappresentante di alto livello delle istituzioni: “nemmeno una critica” verso i suoi ex sottoposti, “nemmeno un accenno alla violenza” da loro provocata.