Lasciata oramai alle spalle la sentenza della Corte Suprema che, a sorpresa, ha dato il disco verde alla riforma sanitaria – comunemente conosciuta come Obamacare – la campagna elettorale per le presidenziali ha iniziato a prendere tutta un’altra piega nelle ultime 48 ore.
[ad]O forse, verrebbe da dire che sta proseguendo sulla stessa falsariga. Del resto il Chief Justice, John Roberts ha salvato il contenuto del contestatissimo individual mandate riconoscendo che la sanzione ad esso connessa è da considerarsi non una multa, bensì una tassa. E proprio sul fisco il presidente Obama sta aprendo un nuovo terreno di scontro col suo competitor Mitt Romney.
Un tema indispensabile per la campagna elettorale e, soprattutto, figlio della necessità per la Casa Bianca di cambiare rotta rispetto alla riforma sanitaria.
I numeri non mentono e spiegano bene la causalità fra gli ultimi sondaggi sulle presidenziali e l’abbandono – al momento – della centralità della riforma sanitaria come issue primaria delal campagna, almeno in casa democratica.
Dopo aver preso slancio per alcuni giorni, grazie al dispositivo della Corte Suprema, i sondaggi più recenti tornano a descrivere un Obama in deficit d’ossigeno rispetto a Romney. Sarà perché lo stesso fund-raising sta sorridendo maggiormente al candidato repubblicano, testimonianza di una moltiplicazione dei finanziatori attorno all’ex governatore del Masachusetts, fatto sta che ben tre rilevamenti nazionali danno Romney in netto recupero.
Secondo il rilevamento condotto da ABC News e Washington Post, due media di chiaro imprinting democrat, la distanza fra Obama e Romney si sarebbe interamente colmata: 47 a 47%. Un altro sondaggio, divulgato da Washington Times e Jz Analytcs dà Romney avanti di un punto percentuale (43 a 42%). All’estremo opposto, Rasmussen nel suo tracking settimanale vede Romney al 47% contro il 44% del presidente in carica. Tre punti percentuali sono tanti, ma va pur sempre precisato che da circa 3 anni i sondaggi di Rasmussen sovrastimano il consenso dei repubblicani. In ogni consultazione.
L’attualità gli è venuta in aiuto. Il Congresso sarà chiamato a breve a decidere sugli sgravi fiscali decennali approvati dai repubblicani nel 2002 su indicazione del presidente George W. Bush. Senza un accordo la pressione fiscale lieviterà per tutti. Viceversa, Obama vorrebbe proporre un aumento della tassazione per i redditi sopra i 250 mila dollari, confermando gli sgravi per i contribuenti del ceto medio.
Dal fronte di Romney si imputa a Obama di voler compiere il più significativo aumento della pressione fiscale della storia americana, ma che a scrivere le priorità nell’agenda elettorale siano ancora gli uomini di Pennsylvania Avenue è un fatto assodato.