Il ritorno in campo

il ritorno di berlusconi

La notizia con ogni probabilità destinata a sconvolgere gli equilibri della politica italiana nell’immediato futuro – se confermata – è senza alcun dubbio la decisione di ricandidarsi presa dall’ex-Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Coloro che ritenevano, nel bene o nel male, ormai conclusa l’epoca del berlusconismo devono ancora una volta ricredersi dinanzi alle scelte di un uomo che, ancora una volta, si getta in prima persona nell’agone politico, andando ad affrontare forse la sfida politica più difficile della sua vita, più complessa di quella – persa per un soffio – del 2006.

[ad]Sono infatti molti gli ostacoli che si frappongono tra Berlusconi e un ulteriore, quasi surreale considerato l’andamento politico degli ultimi mesi, mandato da premier.

Il primo punto, cruciale, riguarda naturalmente le alleanze. Con l’attuale legge elettorale, e anche considerando le principali proposte di modifica che i partiti stanno tentando di introdurre in vista delle elezioni del 2013, è infatti pressoché impossibile per un singolo partito ottenere la maggioranza necessaria per governare; questo è vero soprattutto in una situazione in via di disgregazione come quella attuale, in cui le alleanze che avevano caratterizzato le passate legislature paiono vacillare ed è in via di affermazione un nuovo polo, il MoVimento 5 Stelle, in grado di competere con le coalizioni storiche.
Per il PdL, quindi, diventa un obbligo individuare partner di peso, e su questo tema il ritorno in campo di Berlusconi rischia di trasformarsi in un handicap per la principale formazione di centrodestra. La Lega Nord non è più quella di Bossi, il cui legame personale con il Cavaliere rendeva piuttosto agevole la definizione di un’alleanza, ma è giunta nelle mani di Maroni dopo una tempesta giudiziaria che ha letteralmente spazzato via il partito tanto dalle amministrazioni locali del nord quanto dalle menti e dai cuori di parecchi militanti. Un abbraccio con Berlusoni, immediatamente associabile al vecchio corso leghista, rischierebbe di essere fatale per la formazione padana.


Al tempo stesso la figura di Berlusconi costituisce un ostacolo pressoché insormontabile nella costruzione di un’alleanza al centro. Casini e Fini, rispettivamente nel 2008 e nel 2010, hanno abbandonato Berlusconi non tanto per l’offerta politica dell’ex-premier quanto per le divergenze sorte a fronte di opposte visioni sulla struttura del centrodestra italiano; proprio per queste ragioni sarebbe poco credibile pensare ad un ritorno alla conformazione della Casa della Libertà 2001.

Inoltre il ritorno in campo di Berlusconi avrebbe l’effetto di compattare un fronte di centrosinistra oggi in effetti piuttosto litigioso: la coalizione classica tra PD e SEL-IdV appare piuttosto in crisi dopo le aperture centriste del PD, ma indubbiamente l’antiberlusconismo sarebbe un collante formidabile, in grado di fermare qualsiasi moto di dispersione attualmente in atto nel fronte progressista.

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[ad]Nonostante questo, tuttavia, i maggiori ostacoli per un nuovo successo di Silvio Berlusconi paiono risiedere soprattutto nell’impatto della sua ricandidatura sull’elettorato.
Il Cavaliere, senza alcun dubbio, è un grande trascinatore di folle, ed il semplice rumor di un suo ritorno alla politica attiva ha avuto impatti positivi su un PdL altrimenti in caduta libera, arrestandone la discesa e riuscendo, secondo alcune case sondaggistiche, persino ad invertirne la tendenza negativa.
D’altro canto, il PdL è ad oggi su livelli talmente bassi che il rapido recupero a cui si è assistito può essere considerato in massima parte come un ritorno al PdL da parte dei fedelissimi del Cavaliere inteso come persona, i meno contenti del passaggio del testimone ad Alfano. Un recupero fino a livelli sufficienti per ottenere la vittoria alle prossime elezioni politiche, tuttavia, appare un compito decisamente più gravoso e complesso, ma non impossibile per un abile comunicatore come è Berlusconi.

La diarchia – ed in certi casi l’ambiguità di ruoli – tra Berlusconi ed Alfano si è rivelata un macigno sulla via della legittimazione e conseguentemente sulla credibilità del nuovo segretario del PdL; il medesimo rapporto, tuttavia, può al contrario giovare al Cavaliere e alla sua campagna elettorale; a seconda dei risultati ottenuti dal Governo Monti e soprattutto dalla sua popolarità presso l’elettorato di destra, Berlusconi è libero di spaziare a proprio piacimento sulla propria posizione nei confronti dell’esecutivo.
Mentre, ad esempio, politici come Bersani e Casini vivranno in prima persona in campagna elettorale il loro appoggio al governo, nel bene o nel male, Berlusconi è libero di associare alla figura di Monti il nome di Alfano, liberandosi individualmente dei legami con il Governo attualmente in carica e acquisendo indubbiamente un vantaggio in termini di libertà di azione nei confronti dei principali concorrenti sulla strada di Palazzo Chigi.

Resta, naturalmente, il pesante interrogativo sul giudizio dell’elettorato sull’esperienza di governo di centrodestra conclusasi bruscamente a novembre 2011: un’esperienza oggettivamente non positiva, caratterizzata dalla tentata approvazione di troppe leggi ad personam mentre i fondamentali del Paese si deterioravano; la sfida forse più complessa per Berlusconi sarà riuscire a distogliere l’attenzione dal rapporto causa-effetto che lega la sua passata esperienza di governo all’attuale situazione del Paese, slegare il legame temporale tra l’inerzia dei suoi anni di governo ed i sacrifici imposti da Monti, e far apparire al contrario la propria esperienza di governo come una sorta di età dell’oro in raffronto alla difficile situazione attuale.

Il principale ostacolo alla rielezione di Berlusconi, in assenza di avversari forti e carismatici in possesso di programmi elettorali altrettanto credibili e condivisibili, pare essere quindi Silvio Berlusconi stesso. Riuscirà il Cavaliere a spuntarla, una volta tanto, contro se stesso?