Forse non tutti sanno che Cipro è un paradiso fiscale che ospita numerose società off-shore. Sul territorio cipriota le operazioni offshore possono raggiungere un elevato grado di sofisticazione, grazie alla regolamentazione ad hoc creata dal governo locale e dalla banca centrale e alla mancanza di controlli sui cambi.
Salvare le banche
[ad]Eppure Cipro, paradiso fiscale o meno, si è trovata a far fronte a una spesa di 1,8 miliardi di euro (che corrisponde circa al 10% del PIL) per salvare la Cyprus Popular Bank, il secondo istituto di credito dell’isola che ha subito gravi perdite a causa della sua esposizione nei confronti delle banche greche. Dove trovare questi soldi? Nelle scorse settimane il presidente della Repubblica di Cipro, Demetris Christofias, si è rivolto all’Unione Europea anche in virtù del fatto che di lì a poco avrebbe assunto la presidenza di turno dell’Unione. La troika formata da Ue-Bce-Fmi è andata a Nicosia per decidere che cosa chiedere a Christofias in cambio degli aiuti finanziari. Sullo sfondo ci sono numeri preoccupanti. L’esposizione delle banche locali al sistema greco ammonta a circa 29 miliardi di euro, più o meno il 160% del pil. Il rapporto deficit/pil si è attestato al 6,4% nel 2011, uno dei più elevati della zona euro. Accanto al salvataggio della Cyprus Popular Bank, anche la Bank of Cyprus e la Hellenic Bank hanno subito gravi perdite. In risposta, il governo locale ha già messo le mani avanti: le agevolazioni fiscali di cui beneficiano le nostre imprese non si toccano. ”In occasione dell’adesione all’euro portammo l’aliquota da poco più del 4% al 10% e 35.000 imprese, sulle 100 mila allora presenti, scelsero di andarsene”, ha ricordato Christofias che non sembra disposto a mettersi in casa i mastini del Fondo monetario internazionale.
Meglio i soldi russi
L’alternativa è la Russia che già nel 2011 diede 2,5 miliardi di euro per coprire le esigenze di rifinanziamento di Cipro. Secondo l’agenzia di stampa Bloomberg il Cremlino è pronto a stanziare altri 5 miliardi di euro dopo che, il 26 giugno scorso, Nicosia avrebbe avanzato al ministero delle Finanze russo formale richiesta in tal senso. La predilezione di Christofias per Putin è cosa nota: ai tempi della guerra russo-georgiana l’attuale presidente cipriota si schierò con Mosca, così come nella questione dello scudo spaziale. Oltre ad ospitare ogni anno migliaia di turisti provenienti da Mosca, Cipro è sede di diverse società russe che beneficiano della sua vantaggiosa politica fiscale.
L’amicizia russo-cipriota è poi rafforzata dalla scoperta di immensi giacimenti di idrocarburi al largo dell’isola. Gazprom ha già inviato navi per le prospezioni dei fondali e una nave da guerra come “scorta”. La partita energetica in quella porzione di mare è tesa: la Turchia vuole la sua fetta e utilizza Cipro nord come cavallo di Troia. Israele punta a diventare il leader regionale nella produzione di idrocarburi, garantendosi così un’autonomia fondamentale per la sua sopravvivenza politica. La Russia è in cerca di un avamposto militare nel Mediterraneo ora che rischia di perdere il porto siriano di Tartus, dove Mosca ha l’unica base navale a sud del Bosforo.
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Quella volta che Cipro e Milosevic…
[ad]In passato Cipro è stata al centro di uno scandalo finanziario internazionale legato alle guerre jugoslave. Per aggirare l’embargo internazionale Slobodan Milosevic riciclava soldi in diversi istituti ciprioti. Milosevic era esperto di transazioni finanziarie per aver seduto sulla poltrona di presidente di Beobanka, che ai tempi della Jugoslavia era uno dei più grandi istituti di credito balcanici. Con il crollo della Jugoslavia e l’inizio della guerra Beobanka venne “trasferita”a Cipro diventando una banca off-shore nella quale finivano i soldi necessari a finanziare lo sforzo bellico. Soldi in parte proveniente dal narcotraffico. E sempre a Cipro finirono i soldi della Karicbank, istituto di credito belgradese che raccolse i denari provenienti dalla campagna “prestiti alla Serbia”. Cittadini serbi residenti all’estero, circoli nazionalisti della diaspora serba e finanziatori occulti di Milosevic si premurarono di pompare valuta pregiata nelle disastrate casse serbe. Ma Karicbank divenne presto il conto personale di Milosevic attraverso una serie di operazioni finanziarie tra Nicosia e Belgrado.
Domande
In conclusione: come giudicare la politica economica di un paese dell’Unione se questa non risponde a principi di trasparenza? E’ legittimo che un paradiso fiscale sia oggi alla guida dell’Europa? Ha senso che Cipro, presidente di turno dell’Unione, non si “fidi” della sua Banca centrale e preferisca chiedere i soldi al Cremlino? E infine: siamo sicuri che il Cremlino, cui sempre più persone guardano con simpatia, farà gli interessi dell’Europa?
di Matteo Zola