Il nuovo governo greco, capeggiato da Antonis Samaras di Nea Democrazia, ha ottenuto la fiducia dal parlamento di Atene con 179 voti a favore su 300, è costituito da una coalizione che comprende il partito del primo ministro, sostenuto da Dimar e Pasok; le prime dichiarazioni recitano:“L’obiettivo del governo è quello di garantire il posto della Grecia nell’area dell’euro. La Grecia non chiede l’elemosina, non chiede sconti”. Tra le grandi riforme, oltre alle privatizzazioni, il nuovo governo intende dovrà anche prendere provvedimenti nei confronti dell’ondata di xenofobia e di violenza, sempre più preoccupante nella penisola ellenica, o piuttosto intenderà continuare il programma di costruzione di “campi di concentramento” per immigrati clandestini?
[ad]La posizione del governo al momento risulta poco chiara. Da un lato esso condanna, almeno a parole, le spedizioni punitive dei nazionalisti di Alba Dorata come gli scontri di Patrasso del 22 maggio o le minacce dei giorni scorsi ai danni di commercianti stranieri nel centro di Atene, oppure le innumerevoli aggressioni ad immigrati o cittadini di etnia non greca, da parte sempre dei chrisìavghites. In risposta a tali avvenimenti è arrivata la condanna solo dei democratici del Dimar che affermano : “Le brigate meccanizzate e le minacce contro gli immigrati sono una vergogna per la democrazia, lo Stato e la legge non possono rimanere indifferenti agli attacchi razzisti contro gli immigrati”.
Durante la campagna elettorale per le elezioni di maggio non pochi sono stati i riferimenti contro l’immigrazione da parte dei leader candidati. Ne è una dimostrazione quello che era cominciato come un grande strumento di propaganda, poi trasformatosi in realtà: la comunicazione dell’apertura di 30 “campi di accoglienza per immigrati” (dovrebbero diventare 50 entro il 2013, secondo fonti della polizia) , poi subito ridefiniti “campi di detenzione per immigrati clandestini”, almeno stando alle parole dell’allora ministro per la sicurezza dei cittadini, il socialista Michalis Chrisochoìdi. Il primo ad essere aperto è stato quello di Amygdaleza, a circa 30 km da Atene, con l’intento di recludervi un numero iniziale di circa 200 o 300 immigrati, per farlo salire successivamente a 1200, capienza che dovrebbe avere ogni campo, ricavato da strutture militari dimesse o, come in questo caso, dalla adiacente scuola di polizia. Le condizioni di vita nel campo non sembrano essere delle migliori, si ricorda che Syriza al punto 30 del suo programma elettorale, per le elezioni di giugno, aveva inserito “Garantire i diritti umani nei centri di detenzione per migranti” ; anche il Consiglio greco dei rifugiati, ong che lavora in partnership con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), pochi giorni fa ha denunciato che “il mancato rispetto delle leggi a tutela dei migranti minorenni non accompagnati e le condizioni disumane per poter chiedere asilo mettono in pericolo la loro sicurezza”
(per continuare la lettura cliccare su “2”)
[ad]Detenendoli in una tale struttura e rifiutando loro il diritto di asilo, il governo greco viene meno all’articolo 22 della Convenzione sui diritti dell’infanzia entrata in vigore nel 1989, oltre che alla convenzione di Ginevra che garantisce tale diritto oltre alla protezione dei minori; il decreto presidenziale greco n. 81 del 2009, inoltre, ha di fatto annullato la distinzione tra adulti e minori in merito alla richiesta di asilo. La struttura stessa del campo risulta essere inquietante: da una parte le palazzine fatiscenti della scuola di polizia con gli alloggi per le guardie, dall’altra i container dei detenuti riarsi dal sole, circondati da chilometri di filo spinato e da una doppia recinzione. In sostanza il campo di Amygdaleza, l’unico di questo tipo attualmente aperto e funzionante, ha tutte le carte in regola per essere un vero e proprio campo di concentramento.
Rimane comunque nell’aria delle calde serate estive il sentore che la metà dei poliziotti ha rivotato per gli ultranazionalisti, come risulta da un’inchiesta del settimanale greco To Vima. Di concreto invece, oltre alla violenza, abbiamo da una parte la risposta popolare di molti cittadini greci che, per la giornata di giovedì 5 luglio, ad Atene hanno organizzato una marcia contro la xenofobia; dall’altra, le parole pronunciate dal leader di Alba Dorata, Nikolaos Mikalioliakos, che, forte della riconferma in parlamento, con il 6,98% (18 seggi) nella giornata di sabato 7 afferma: “Alba Dorata è qui, nonostante quanto dispiaccia a qualcuno, perché il popolo greco lo ha voluto. 426 mila uomini e donne greche. Siamo sorpresi di come alcuni vedono la volontà del popolo greco: quello che non piace a loro è sbagliato, quello che piace a loro è giusto”. Continuando con: “Ci sono molti tirapiedi al potere, anche in aree politiche che sono considerate rivoluzionarie e radicali, ma sono dei tirapiedi, e l’unica cosa che vogliono è sedere sulle panche del parlamento”, sottolineando che “l’indipendenza nazionale è la cosa più importante di tutte”, per concludere che “ci sono milioni di immigrati clandestini, molti sono criminali e compiono rapine e omicidi con i kalashnikov”.
Il precedente governo greco, escluso quello “dell’interregno” tra le due elezioni, il cui ministro della difesa, il generale Frangoulis Frangos, rimosso durante il “sospetto” cambio dei vertici delle forze armate effettuato da Papandreu il 1 novembre 2011, e richiamato dal Presidente Papoulias proprio in questa occasione, è stato l’unico a stringere la mano del leader di Alba Dorata, Nikolaos Mikalioliakos. Il potere politico greco, con poche distinzioni di partito, ha tutto l’interesse a far montare il conflitto sociale e non perde occasione per indicare nell’immigrato un “cancro” da cui occorre liberarsi per guarire dalla crisi e si mostra tristemente indifferente nei confronti delle formazioni neofasciste. Nel precedente governo il ministro socialista della protezione del cittadino Chrisochoìdi aveva dato il via alle retate della polizia nel centro di Atene: lo chiamavano “lo sceriffo” e poco prima del voto dichiarò: “Atene sarà pulita in pochi giorni dagli immigrati”. Ora sappiamo dove sono, in campi come quello di Amygdaleza.
foto da Deutsche Welle
di Marco Marchionni