Bosnia, strane alleanze. Chi vince e chi perde

Pubblicato il 24 Luglio 2012 alle 09:56 Autore: EaST Journal
bosnia

SDP: etno-pragmatismo o etno-stalinismo?

[ad]Il principale “regista” della crisi politica è Zlatko Lagumdžija, da 15 anni leader dell’SDP. È stato lui a volere e dirigere in prima persona il siluramento dell’SDA, probabilmente puntando tutto sullo smembramento degli ex-alleati una volta esclusi dal governo. Per farlo, ha però dovuto “sdoganare” Radončić e scendere a patti con i nazionalisti croati. È una mossa rischiosa, che finora gli è costata un certo discredito presso simpatizzanti, media, intellettuali e settori della società civile (molti di questi tradizionalmente vicini all’SDP). L’operazione è vista da questi ambienti come l’esempio definitivo della deriva personalistica e autocratica della gestione Lagumdžija: una sorta di “etno-stalinismo”, una singolare fusione di autoritarismo, equilibri etno-nazionali nella spartizione del potere, e nella scelta opportunista e discrezionale di alleati e nemici. “Poltrone e matematica”, titolava uno sprezzante editoriale di Radio Slobodna Evropa, che non si capacitava di come un partito (formalmente) socialdemocratico e multietnico potesse allearsi da un giorno all’altro con i cosiddetti “etno-clero-capitalisti” di Radoncic. Eppure Lagumdžija & co. rivendicano la loro strategia, presentandola come una svolta pragmatica necessaria, l’unico modo per evitare i continui veti dell’SDA e bypassare le sue immense rendite di potere, così da avanzare verso le riforme del paese. Per ora, il punto forte di Lagumdžija è l’assenza di critiche all’interno del partito: finora tutti hanno appoggiato l’operazione, compreso quel Željko Komšić che tre mesi fa, con le sue provocatorie dimissioni dal partito (poi però ritirate) sembrò candidarsi a leader della dissidenza interna. Ma è indubbio che il risentimento anti-Lagumdžija dentro l’SDP è sensibilmente cresciuto in seguito all’allenza con Radončić. Pertanto non c’è da scommettere che questa unità duri a lungo.

SDA alla prova-opposizione, dopo 22 anni di potere

Se la nuova alleanza tessuta dal SDP metterà insieme i numeri per governare, si tratterà della prima volta nella storia della Bosnia democratica (dalle prime elezioni libere, nel 1990) in cui l’SDA si trova all’opposizione, sia a livello nazionale, sia a quello della Federazione di BiH. I costi dell’operazione non sono solo politici. L’uscita dal governo, con la perdita di tutti i fondi pubblici che ne derivano, potrebbe costare all’SDA il licenziamento di circa 3.000 funzionari e dipendenti, e una conseguente fuga di quadri ed attivisti verso lidi più prosperi (leggi SBB di Radončić). Per rendere l’idea, l’SDA è una sorta di “Democrazia Cristiana” in chiave musulmana, ispirata ad un modello di partito conservatore classico, ben radicato territorialmente – e soprattutto in ambienti rurali -, con svariate correnti interne, una leadership più o meno costante da anni ed un vasto apparato burocratico (e spesso coincidente con le istituzioni stesse, vista la lunga permanenza al potere). Non è un caso che, a livello internazionale, SDA sia affiliato al PPE. L’SBB appare invece un partito de-ideologizzato, personalistico e dall’organizzazione “leggera” (per ora).

L’esclusione dalla maggioranza potrebbe riaccendere lo scontro interno all’SDA tra l’ala moderata che si riconosce in Sulejman Tihić, attuale presidente del partito, e quella conservatrice capeggiata da Bakir Izetbegović, membro della Presidenza del paese. In questo caso, i conservatori partirebbero probabilmente favoriti, avendo buon gioco ad imputare la responsabilita’ della crisi alla linea “dialoghista” mantenuta in questi anni da Tihić, il più aperto all’alleanza con l’SDP.

Per ora, la crisi di governo sembra aver riavvicinato l’SDA allo SBiH, il partito di Haris Silajdžić tradizionale avversario nel campo nazionalista bosgnacco. Le due forze hanno firmato un’alleanza in vista delle elezioni amministrative di ottobre (sebbene limitata alla Repubblica Srpska ed alcuni comuni della FBiH) ed è possibile che in futuro facciano fronte comune contro l’SBB di Radončić, che minaccia la loro egemonia.

(per continuare la lettura cliccare su “3”)

L'autore: EaST Journal

East Journal è un progetto di giornalismo partecipativo che nasce dal basso, fatto da giovani e senza fini di lucro. East Journal è una testata registrata presso il Tribunale di Torino, n° 4351/11, del 27 giugno 2011. I contenuti sono condivisi con Termometro Politico grazie alla partnership nata da marzo 2012 tra le due testate giornalistiche. Il nostro obiettivo è quello di raccontare la “nuova” Europa, quella dell’est, che rappresenta il cuore antico del vecchio continente. La cultura e la storia ci insegnano la comune appartenenza. L’europeismo critico è dunque una nostra vocazione. Tra i nostri temi più cari figurano poi la tutela delle minoranze, l’analisi dell’estremismo di destra, la geopolitica energetica, il monitoraggio del crimine organizzato transnazionale.
Tutti gli articoli di EaST Journal →