La legge omofoba approvata il 29 febbraio scorso dell’assemblea legislativa di San Pietroburgo non sta tardando a dare i suoi amari frutti. Otto persone sono state arrestate questo fine settimana nella “Venezia del Nord” dopo che la polizia è intervenuta per impedire la celebrazione di un Gay Pride. Quanto avvenuto evidenzia il processo di deterioramento dei diritti umani in atto in Russia (come dimostrano la recente proposta di legge che obbliga tutte le ONG che ricevono sostegno finanziario dall’estero a dichiararsi come “agenti stranieri” e l’ inasprimento delle misure restrittive nei confronti di tutte le organizzazioni della società civile) e mostra la situazione sempre più difficile che vive la comunità LGBT di questo paese.
La legge omofoba e i suoi effetti
Qualunque manifestazione pubblica dell’omosessualità è divenuta illegale a San Pietroburgo dal primo Aprile scorso. Da quando, cioé, è entrata in vigore una legge omofoba, della quale ci siamo già occupati recentemente, che de facto ri-criminalizza l’omosessualità. Ufficialmente il fine della legge é quello di “proteggere i minori” da una fantomatica “propaganda omosessale”. A questo fine la norma proibisce qualunque manifestazione pubblica della “sodomia, del lesbianismo, del bisessualismo, della transessualità”. In pratica, come ha sottolineato anche il leader del Russian L.G.B.T. Network Igor Kochetkov, questa legge rende impossibile il lavoro delle organizzazioni LGBT nella lotta contro l’omofobia e i crimini di odio e proibisce le manifestazioni pubbliche dell’omosessualità (a partire, come si vede, dal Gay Pride). La norma prevede che la violazione della legge sia punita con multe fino a 500.000 rubli (circa 13000 euro) per ogni “atto pubblico” che promuova l’omosessualità. Si tratta, quindi, di un testo chiaramente liberticida che viola, tra l’altro, l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti umani (che garantisce il diritto alla libertà di espressione e di opinione) e la stessa costituzione Russa. L’ attivista per i diritti LGBT russo Nikolai Alekseev l’ha definita como “nulla meno che una barbarie medioevale”.
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Verso la (ri)criminalizzazione dell’omosessualità
[ad]La proibizione del Pride e gli arresti di questo fine settimana pongono in evidenza la situazione sempre più difficile che vive la comunità LGBT Russa. Gli arresti di San Pietroburgo fanno, infatti, seguito agli incidenti che avevano accompagnato il Pride di Mosca lo scorso maggio. In quell’occasione, uno sparuto gruppo di manifestanti che aveva sfidato il divieto a manifestare delle autorità (che avevano proibito la celebrazione di una Gay Pride nella città per il settimo anno consecutivo), era stato attaccato tanto dalla polizia come da gruppi di ultra-nazionalisti e cristiani ortodossi.
In conclusione, è importante ricordare anche che quella di San Pietroburgo è solo l’ultima di una serie di leggi omofobe che sono state approvate negli ultimi tempi in varie città e Oblast’ Russi. Nella capitale, Mosca, le autorità cittadine hanno proibito recentemente la celebrazione del Moscow Gay Pride per i prossimi cento anni. Gli Oblast’ di Arkhangelsk, Rjazan’ e Kostroma hanno seguito le orme di San Pietroburgo proibendo la “propaganda omosessuale” (Nikolai Alekseev ha presentato recentemente un ricorso alla Corte Europea per i diritti dell’uomo, ECHR, contro la legge di Arkhangelsk e ha già annunciato che ricorrerà anche le altre leggi omofobe approvate negli ultimi mesi). L’ Oblast’ di Novosibirsk e il Kraj di Krasnodar dovrebbero fare lo stesso nei prossimi mesi. E anche la duma di stato dell’assemblea federale sta attualmente dibattendo una legge molto simile che potrebbe, quindi, essere estesa a breve a tutto il territorio Russo. La Russia si avvia, quindi, verso una ri-criminalizzazione dell’omosessualità che era stata legalizzata nel 1993, dopo il “crollo” del regime sovietico.
di Eitan Yao