L’anno scorso, la Bosnia Erzegovina dovette aspettare circa quindici mesi per la formazione di un nuovo governo. Ne sono bastati poco più di quattro per ripiombare nella crisi istituzionale, scaturita nelle ultime settimane con la traumatica rottura dell’alleanza tra SDP (Partito Socialdemocratico, multietnico) e SDA (Partito d’Azione Democratica, conservatore bosgnacco). Entrambi componevano, assieme ad altri quattro partiti, la maggioranza che appoggia il governo nazionale (la cosiddetta šestorika).
Infatti, con una mossa inattesa – e finora inedita, nella scena politica bosniaca – i socialdemocratici hanno cercato di sfiduciare, o forzare le dimissioni, di tutti ministri dell’SDA nella Federazione e nei cantoni. Nel frattempo, l’SDP si è trovato nuovi alleati: l’ SBB (L’ Alleanza per il Futuro Migliore della BiH, populista bosgnacco fondato nel 2009 dal famigerato Fahrudin Radoncić) e i due “gemelli” nazionalisti croati HDZ (Comunità Democratica Croata) e HDZ 1990. Questi ultimi hanno subito messo il veto sui due partiti croati minori HSP e SZB, i quali sono stati così estromessi anch’essi dal governo federale.
Al momento, la nuova maggioranza non avrebbe però i numeri per governare la Federazione di BiH. La coalizione SDP-SBB-HDZ-HDZ1990 conta su 56 deputati del parlamento federale, dunque lontano dalla “quota 66” necessaria per governare. La nuova alleanza si è mossa subito con disinvoltura, esigendo la sostituzione di tutte le cariche istituzionali ancora in mano ai partiti appena estromessi dalla nuova maggioranza, nonché dei vertici delle compagnie pubbliche di proprietà della Federazione riconducibili agli ex-alleati. Dall’altra parte, l’SDA ha presentato ricorso al Tribunale Costituzionale sulla presunta illegittimità dell’operazione, e ha minacciato di ricorrere all’ostruzionismo parlamentare, così da bloccare tout court l’iter istituzionale della Federazione. Il tutto si svolge in un clima di pesanti insinuazioni, accuse e minacce tra i reciproci schieramenti a mezzo stampa.
La partita resta dunque ancora apertissima. Nessuno dei due fronti sembra intenzionato, per ora, a fare un minimo passo indietro. Gli scenari possibili solo due. Uno è il perpetuarsi della paralisi istituzionale in attesa che la fronda dell’SDA non ceda. L’impasse rischia però di protrarsi almeno fino alle prossime elezioni amministrative di ottobre 2012 (si voterà per i consigli comunali delle principali città, tra cui Sarajevo, Banja Luka e Mostar). Intanto, continuerebbe il “corteggiamento” della nuova coalizione verso potenziali transfughi degli altri partiti per completare la maggioranza. Il caso finora più conosciuto (e grottesco) è quello di Desnica Radivojević, Ministro federale della Pianificazione Urbana in quota SDA che è appena passato all’SDP. Nel frattempo, è stata resa pubblica una lettera di dimissioni irrevocabili da parte dello stesso Radivojević. Tuttavia, l’interessato l’ha smentita seccamente, sostenendo si tratti di una lettera firmata in bianco e “fabbricata” dallo stesso SDA per estrometterlo dal gabinetto federale, dove il suo voto sarebbe decisivo per garantire il sostegno alla nuova coalizione.
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[ad]Il secondo scenario consiste nella convocazione di elezioni anticipate nella sola Federazione di BiH, fatto mai avvenuto nella Bosnia post-Dayton. Le forze di opposizione e diversi esponenti della società civile (con crescenti adesioni negli ultimi giorni) appoggiano questa soluzione, ovviamente respinta dai partiti della nuova maggioranza. Per il momento, sembra un’ipotesi ancora remota.
È di questi giorni, peraltro, la notizia che la crisi istituzionale è di nuovo “rimpallata” a livello nazionale. Dopo qualche settimana di esitazione, il Premier nazionale Vjekoslav Bevanda (HDZ) ha infatti esautorato i due ministri del suo gabinetto in quota SDA, esaudendo così la richiesta dell’SDP. Si trattava dei dicasteri di Sicurezza e Difesa, ed è probabile che il primo sarà assegnato al leader del SBB Fahrudin Radončić, mentre il secondo dovrebbe andare a un membro dell’SDP.
di Alfredo Sasso