G8 di Genova: pene ridotte, ma si aprono le porte del carcere per i no global

Pubblicato il 14 Luglio 2012 alle 12:04 Autore: Giuseppe Colasanto

G8 di Genova: pene ridotte, ma si aprono le porte del carcere per i no global 

 

Pene ridotte, ma responsabilità confermate. Si aprono le porte del carcere per Alberto Funaro, Ines Morasca, Marina Cugnaschi, Vincenzo Vecchi e Francesco Puglisi, mentre resteranno per il momento in libertà – in attesa di un nuovo processo d’Appello –  Carlo Arculeo, Carlo Cuccomarino, Luca Finotti, Dario Ursino e Antonino Valguarnera.

[ad]La Suprema Corte ha emesso una sentenza che farà discutere sui fatti del G8 di Genova. Ricorderete che pochi giorni fa un’altra sentenza aveva coinvolto i vertici della polizia che in quei giorni erano impegnati nella gestione dell’ordine pubblico e che a vario titolo sono stati ritenuti responsabili di quanto accaduto alla Scuola Diaz: per la prima volta, sono stati punite persone di spicco della forza pubblica. Per quanto puniti, però, e costretti a lasciare la divisa, nessuno di loro andrà in carcere, per effetto dell’indulto e dell’esiguità della pena.

g8, genova devastata

Per chi invece è stato ritenuto colpevole di “devastazione”, la pena sarà invece più alta, e prevedrà anche la detenzione. In sostanza, l’Alta Corte ha riconosciuto l’impianto accusatorio e la sentenza espressa dalla Corte d’Appello, ma ha ritenuto per alcuni (Arculeo , Cuccomarino, Valguarnera, Finotti e Ursino) di rinviare la sentenza alla CdA, limitatamente per la concessione delle attenuanti generiche, per altri (lo stesso Finotti, Cugnaschi , Vecchi e Puglisi) ha ridotto la pena senza rinvio, riconoscendo che il reato di detenzione di bottiglie incendiarie fosse di fatto compreso negli altri contestati, mentre ha confermato le pene per Funaro e Morasca.

Una sentenza che farà discutere, dicevamo, ed infatti gli avvocati dei dieci hanno ricordato la sentenza della settimana scorsa ai vertici della polizia, affermando come secondo loro, sia stata commessa un’ingiustizia a valutare più grave il danneggiamento alle cose che non la violenza alle persone.

L'autore: Giuseppe Colasanto