Secondo quanto stabilito a suo tempo da Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica dal 1948 al ’55, sarebbe inammissibile che un suo successore – attraverso omissioni o per ignoranza – mettesse in pericolo per sé o per i suoi successori le facoltà che la Costituzione gli attribuisce. L’inquilino del colle più alto deve difendere strenuamente le proprie prerogative, che sono parte integrante dell’equilibrio costituzionale dei poteri.
[ad]Una di queste prerogative è l’assoluto divieto di utilizzare le intercettazioni di comunicazioni aventi tra i partecipanti il Presidente stesso – eccetto naturalmente i casi in cui egli tradisca la Costituzione. Da qui nasce la necessità – per Napolitano – di sollevare per decreto una richiesta di giudizio per conflitto di attribuzione nei confronti della Procura di Palermo, rea, secondo il Quirinale, di voler utilizzare intercettazioni in cui è coinvolto il Presidente Giorgio Napolitano nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia, invece di distruggerle direttamente, come all’inizio (il 6 luglio) si era impegnata a fare. L’orientamento attuale della Procura, dice nel Decreto il Presidente, sarebbe invece quello di richiedere un giudizio di rilevanza al Tribunale Ordinario, e questo fatto violerebbe la Costituzione.
Di diverso parere la procura siciliana: per Messineo ed Ingroia, rispettivamente procuratore ed aggiunto, nessuna intercettazione coinvolge persone coperte da immunità, e le intercettazioni che si vorrebbero utilizzare, se irrilevanti per la figura del Capo dello Stato, non lo sono per altre persone, non coperte da immunità, per cui, a loro parere, le intercettazioni stesse possono essere utilizzate, senza alcuna autorizzazione preventiva.
Ora dovrà essere la Corte Costituzionale a valutare la questione, ma per il momento è la politica a parlare, col Ministro Severino, che da Mosca giudica il decreto lo strumento più opportuno per agire da parte del Presidente, con Enrico Letta che plaude l’iniziativa del Quirinale, poiché – dice – porterà chiarezza. Di diverso avviso Di Pietro. Il leader dell’Idv coglie l’occasione per sferrare un altro attacco al Presidente e si schiera al fianco degli ex colleghi, augurandosi che nessuna carica dello Stato si metta in mezzo per ostacolare la ricerca della verità sugli anni della presunta trattativa tra Stato e mafia.