Elezioni non riconosciute in Nagorno-Karabakh. Sahakyan verso il secondo mandato
La Repubblica del Nagorno-Karabakh si prepara alle elezioni di domani, 19 luglio. Il presidente uscente dell’autoproclamato stato caucasica, Bako Sahakyan, cerca la rielezione per un secondo mandato quinquennale a capo dell’esecutivo.
[ad]Già a capo dei servizi di sicurezza del paese, Sahakyan ha raccolto l’85% dei voti nel 2007, quando si presentò come candidato indipendente, pur con il sostegno del presidente uscente Arkady Ghukasyan, del Partito Democratico dell’Artsakh al governo, di due partiti d’opposizione e dell’establishment politico della Repubblica d’Armenia, sempre molto influente nel Nagorno-Karabakh. Le elezioni del 2007 causarono le reazioni negative di ONU, OSCE, NATO, Consiglio d’Europa ed Unione Europea; secondo l’UE, tali elezioni non avrebbero dovuto avere “alcun impatto sulla risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh”. Anche le elezioni parlamentari del 2010 si conclusero con una generale condanna internazionale, in quanto non rappresentative della popolazione azera sfollata negli anni ’90.
A sfidare Sahakyan provano oggi il primo ministro, generale Vitaly Balasanyan, il rettore dell’università di Stepanakert, Arkady Soghomonyan, e come indipendente Valery Khachatryan.
Come parte della sua campagna elettorale, Balasanyan ha scritto una lettera aperta in cui accusa Sahakyan di utilizzare fondi pubblici e risorse amministrative per assicurarsi la rielezione: “a partire dal 2005, le nostre autorità hanno accumulato una vasta esperienza in frodi, coinvolgimento illegale di polizia e servizi segreti nel processo elettore, inflazione del numero di persone registrate sulle liste elettorali, pressioni sugli elettori. Ciò ha condotto ad una diffusa apatia nella società, mancanza di fiducia nel processo elettorale e declino dell’immagine dello stato”.
Le elezioni presidenziali a Stepanakert sono state annunciate da un portavoce del Parlamento come “le migliori mai tenute nel Caucaso meridionale”. Un annuncio simile era stato fatto dai responsabili armeni prima delle elezioni parlamentari del maggio 2012, conclusesi nel migliore dei modi possibili per la dirigenza armena, ma non certo secondo gli standard internazionali.
Purtroppo, il Nagorno-Karabakh non ha particolari esempi a cui ispirarsi nella regione: oltre all’Armenia, l’Azerbaijan resta un’autocrazia impenitente e la Georgia è in una fase di chiusura; la Turchia, unica democrazia dell’area, resta vista come fumo negli occhi dall’establishment armeno, e Russia e Iran, vecchi e nuovi alleati, non sono particolarmente attenti alla difesa delle libertà civili.
La base elettorale è di circa centomila votanti potenziali. Diverse ONG locali monitoreranno la qualità del processo elettorale; nessun osservatore internazionale sarà presente. Lady Ashton ha anticipato che l’Unione Europea considera il processo elettorale del Nagorno-Karabakh come “illegale”, e che il voto non dovrebbe pregiudicare una soluzione pacifica del conflitto.
La conquista di una effettiva democrazia elettorale sarebbe il primo passo, per il Nagorno-Karabakh, per passare dall’indipendenza de facto, non riconosciuta internazionalmente, ad una reale autodeterminazione interna dei suoi cittadini, in grado di far valere i propri diritti.
di Davide Denti