Talvolta accade, ed oggi è accaduto. La vecchia maggioranza berlusconiana si è ricompattata sul tema delle riforme istituzionali: come era già accaduto per il Senato Federale, anche oggi Lega e PdL hanno votato insieme su un testo che prevede l’elezione diretta del Capo dello Stato, la prerogativa dello stesso di presiedere il Consiglio dei Ministri e di nominare il Primo Ministro, e al contempo la sua sostituzione dal ruolo di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura con il Primo Presidente della Corte di Cassazione (il magistrato più alto in grado).
[ad]Una serie di emendamenti che l’Aula del Senato ha votato in breve tempo a maggioranza: l’Udc di Casini ha votato contrario, mentre il Fli (da sempre favorevole al semipresidenzialismo) si è astenuto. Sono invece usciti dall’Aula per protesta Pd e IdV: è sembrato di assistere ad una seduta del 2011, nell’eterno ritorno della politica italiana. Anche le uniche due eccezioni del Pdl ricordano molto gli ultimi mesi del Berlusconi quater: sono infatti stati Beppe Pisanu e Giuseppe Saro a distinguersi dal proprio gruppo, astenendosi: l’ex ministro ha affermato che, sebbene favorevole al semipresidenzialismo, la sua contrarietà sta verso il metodo utilizzato, che contraddice accordi presi dalla maggioranza attuale e che non porterà a un progetto da realizzare, ma a una bandiera da sventolare, “ammesso che trovi vento”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la capogruppo Pd, Anna Finocchiaro, che ha “denunciato” la determinazione di Pdl e Lega di forzare la mano sulla riforma costituzionale, ben sapendo che i tempi sono stretti e che non c’è margine per votare a maggioranza qualificata, e nel fare ciò impediscono ai membri della Commissione Bilancio di utilizzare il loro tempo per esaminare la Spending Review. Naturalmente di tutt’altro avviso Alfano e Gasparri, che salutano il voto di Palazzo Madama come una scelta che guarda al futuro, “verso il rafforzamento della Democrazia diretta”, e che quindi si augurano che il Pd “non faccia perdere quest’occasione all’Italia”, votando subito alla Camera per restringere i tempi della doppia votazione.
Poco prima del voto Alfano aveva rassicurato sulle intenzioni del proprio partito di arrivare al voto a scadenza naturale, come d’altronde “chiesto” dallo stesso Premier, che ieri a Mosca aveva anche auspicato una riforma della legge elettorale. Le rassicurazioni a questo punto non bastano, perché nuove e più dure reazioni sono da attendersi nelle prossime ore. Curioso che proprio oggi D’Alema aveva esternato le proprie preoccupazioni sulla possibilità di reggere una situazione in cui “tutto il peso del governo è sulle spalle del Pd e l’Udc” ed il Pdl gioca ormai una propria partita da battitore libero. Anche in questo senso nuove dichiarazioni di stanchezza potrebbero arrivare dall’ala sinistra del Pd – ed è probabile che questo sia uno dei risultati attesi dai berlusconiani.