Tadić e Thaçi, una stretta di mano elettrica. Un nuovo corso nelle relazioni tra Serbia e Kosovo?
[ad]Tuttavia non sono mancate le polemiche, tanto a Belgrado quanto a Pristina. Ivica Dačić, primo ministro designato di un governo nazional-conservatore, ha definito “un enigma” la presenza di Tadić a Dubrovnik, sottolineando come “sembra che Tadić abbia una politica da Presidente ed un’altra da leader dell’opposizione”; durante il suo mandato presidenziale, Tadić aveva sottoscritto il boicottaggio delle iniziative regionali che coinvolgessero le autorità kosovare. In Kosovo, i politici del partito nazionalista Vetëvendosje (autodeterminazione) hanno attaccato Thaçi per aver danneggiato il futuro del Kosovo, dichiarando che il gesto “indica che il governo è pronto ad incontrare gli stessi politici serbi che sono a causa dell’attuale divisione del Kosovo”, e che “Thaçi è pronto ad incontrare Nikolić e Dačić”. Secondo Arben Gashi, del partito conservatore LDK all’opposizione, l’incontro è stato una violazione della Costituzione della Repubblica del Kosovo, secondo cui un pubblico ufficiale kosovaro può incontrare solo controparti che riconoscono il Kosovo come stato indipendente.
Sostegno a Tadić è venuto da Vuk Drašković, del Movimento Serbo del Rinnovamento, e da Čedomir Jovanović, leader del Partito Liberaldemocratico (LDP), secondo cui ogni atto di sollievo delle tensioni tra Serbia e Kosovo è benvenuto, anche se in questo caso è stato troppo tardi: “questo atto avrebbe avuto un significato molto maggiore per il futuro delle relazioni serbo-albanesi se fosse avvenuto anni fa”.
Prospettive: il dialogo serbo-kosovaro e le pressioni di USA e Unione Europea
L’analista politico croato Davor Gjenero ha accostato il gesto di Tadić all’ostpolitik di Willy Brandt, con il superamento della “dottrina Hallstein” e l’apertura ai contatti diplomatici con la DDR.
Dietro la presenza di Tadić a Dubrovnik, secondo i media croati, ci sarebbe l’azione diplomatica di Washington: Philip Gordon, il vice di Hillary Clinton con delega agli affari europei, era presente al Croatia Summit, prima di recarsi a Belgrado, ed ha esortato la Serbia ad “accettare la realtà” di un Kosovo “sovrano, democratico, indipendente e multietnico, negli attuali confini”, sottolineando così la necessità che Belgrado raggiunga un accordo con Pristina per l’integrazione del Nord del Kosovo (Mitrovica e i quattro comuni a maggioranza serba) nelle strutture amministrative di Pristina.
Il dialogo tra Serbia e Kosovo dietro mediazione europea, avviato nel 2011, è stato sospeso per le elezioni serbe e dovrebbe riprendere dopo la formazione del nuovo governo. Bruxelles ha dato il suo incentivo alla Serbia in dicembre, con lo statuto di paese candidato, e si aspetta ora dei passi concreti prima di definire una data per l’avvio dei negoziati di adesione.
Washington vorrebbe inoltre un segnale chiaro di distensione tra le parti, dopo la decisione dell’International Steering Group di mettere presto termine alla supervisione internazionale sul Kosovo, e in vista dell’instaurarsi di un governo nazional-conservatore a Belgrado.
L’occasione potrebbe essere un incontro (con modalità ancora tutte da vedere) tra il nuovo presidente serbo Nikolić e la presidente kosovara Atifete Jahjaga. Secondo Hajrudin Somun, ex ambasciatore di Bosnia-Erzegovina in Turchia, va interpretata in tal senso la dichiarazione di Nikolić di martedì 10 luglio: “Non penso che sarò mai presidente a Pristina, né che il presidente dell’autorità ad interim di Pristina sarà mai presidente a Kosovska Mitrovica”. Si tratta della prima volta in cui un presidente serbo ammette di non essere capo di stato a Pristina (Kosovo je Srbija, o no?). Se veramente un incontro Nikolić-Jahjaga si concretizzerà, la stretta di mano tra Tadić e Thaçi avrà dato i suoi frutti.
di Davide Denti