Elezioni libere in Nagorno-Karabakh. Ma all’estero è polemica.

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Le elezioni del 19 luglio in Nagorno-Karabakh hanno suscitato ampie controversie all’estero, ma sono state accolte positivamente nel territorio caucasico come un buon esempio di partecipazione democratica.

[ad]Bako Sahakyan è stato rieletto Presidente della Repubblica del Nagorno Karabakh (NKR) con 47,085 voti (66.7%) contro i 22,966 voti (32.2%) del principale oppositore, il generale in pensione Vitaly Balasanyan. La partecipazione alle urne è stata del 73.4%: hanno votato in 72,833 dei 98,909 elettori. Balasanyan si è assicurato un consistente terzo dei voti (tre volte di più che il principale oppositore nel 2007); riconoscendo le elezioni solo come “libere ma non democratiche” [free but not fair], Balasanyan si è detto obbligato ad “accettare il risultato elettorale, pur con alcune riserve” e ha dichiarato che “almeno un terzo della popolazione non è d’accordo con le attuali politiche e chiede un cambiamento”. Balasanyan ha lamentato in particolare l’utilizzo delle risorse amministrative da parte del presidente in carica per assicurarsi la rielezione. In generale, e a differenza delle altre procedure elettorali nel Caucaso, le elezioni a Stepanakert e dintorni non hanno tuttavia causato particolari controversie domestiche, come riportato dai media locali e regionali.

Il Nagorno-Karabakh è un territorio riconosciuto internazionalmente come parte de jure dell’Azerbaigian, e la sua indipendenza de facto dal 1994 non è riconosciuta da nessuno stato membro ONU (neppure dall’Armenia). Il governo azero, così come la Turchia, ha condannato severamente le elezioni, assieme ad un gran numero di altri stati ed organizzazioni internazionali.

L’Unione Europea ha rimarcato di non riconoscereil quadro legale e costituzionale in cui [le elezioni] si terranno”, e che queste “non dovrebbero pregiudicare la determinazione del futuro status del Nagorno-Karabakh in un negoziato globale per la soluzione pacifica del conflitto”. Il non-pregiudizio dello status finale del Nagorno-Karabakh è stato sottolineato anche dai co-presidenti del gruppo di Minsk (un quadro diplomatico OSCE di negoziazione sul territorio caucasico): Francia, Russia e USA. Il gruppo di Minsk ha tuttavia riconosciuto “la necessità per le autorità de facto in Nagorno Karabakh di cercare di organizzare democraticamente la vita pubblica della loro popolazione tramite una tale procedura”.

Ottantuno osservatori internazionali da 21 paesi erano presenti a monitorare il processo elettorale, pur su base individuale, riportando impressioni generalmente positive. Baku ne ha condannato l’azione e li ha dichiarati personae non gratae in Azerbaigian. Il gruppo European Friends of Armenia, con otto osservatori elettorali provenienti da Germania, Cipro e Armenia, ha lodato le autorità per la libertà di movimento e di osservazione concessagli, inclusa nella buffer zone, e “preferendo e promuovendo il diritto fondamentale all’autogoverno democratico” ha fatto appello all’OSCE/ODIHR perché fornisca assistenza tecnica ed osservazione elettorale per le future elezioni locali, “anche se ciò fosse fatto solo sottolineando il non riconoscimento dell’entitù statale”.

Tutto considerato, il rafforzamento della democrazia elettorale in Nagorno-Karabakh dovrebbe essere benvuto da parte dei paesi ed organizzazioni internazionali occidentali e no, pur se condizionato da una clausola status-neutral. L’autodeterminazione interna della popolazione del Nagorno-Karabakh è la sola via per mostrare ai due contendenti del conflitto, la non ancora democratica Armenia e l’autoritario Azerbaigian, che non c’è ragione di passare alle armi per risolvere il conflitto che li oppone da ormai più di vent’anni.

Da EastJournal

di Davide Denti