C’è una settimana nella prima metà del mese di agosto in cui formalmente la Camera dei Deputati si trova “libera”. Libera da impellenti iter legislativi legati alla risoluzione della crisi economico-finanziaria di questi tempi. Quella stessa crisi che, assieme allo sfaldamento della maggioranza di centrodestra, ha causato la nascita del governo Monti.
[ad]In questa settimana teoricamente si dovrebbe e si potrebbe discutere di legge elettorale. Una necessità per gran parte dei cittadini italiani che non vedono di buon occhio il Porcellum. E al tempo stesso una priorità anche secondo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che molto spesso ha fatto uso della sua moral suasion per invitare i partiti al mutamento della legge elettorale.
Ciò ha spinto le principali forze politiche del nostro paese a vecchi e quanto mai già tastati tatticismi. Il primo luogo il PdL, che non vede sbocchi ad una sua corsa in solitaria assieme a Responsabili e Destra di Storace, cerca di ricucire con l’alleato leghista cercando i portare avanti una modifica dell’assetto istituzionale del paese con un’apertura al Senato delle Regioni. Al tempo stesso il Pd segnala come non si può stare che un solo piede in due staffe. E dunque il PdL deve scegliere se rieditare l’alleanza con la Lega Nord anche sotto l’esecutivo Monti o continuare a reggersi sui tre assi che oggi come oggi supportano questo esecutivo di tecnici.
Una situazione che ha come sfondo la solita preoccupazione dei peones che, non disponendo di voti e consensi necessari per l’elezione, vorrebbero tenersi questa legge elettorale. E al tempo stesso quella dei partiti, o per non generalizzare di alcuni settori di alcuni partiti, che preferirebbero avere la possibilità di determinare le liste elettorali a tavolino.
Monti ha chiesto di recente, pur occupandosi notoriamente di altro, se poteva essere utile all’Abc sulla legge elettorale. “No, meglio tacere” gli è stato laconicamente risposto.
Occorre però segnalare una prospettiva legata a Monti, alla modifica della legge elettorale e del futuribile voto a novembre di cui si parla sempre con maggior insistenza.
Il governo Monti per molti è un vero e proprio “governo del Presidente”. E del resto è nota la simpatia di Napolitano nei confronti di Monti così come tutti i mezzi che il Quirinale ha adoperato per favorire una situazione di questo tipo (tra cui la genialata di dare legittimità al professore nominandolo, pochi giorni prima le dimissioni di Berlusconi, senatore a vita). Di conseguenza Monti non può che pensarla come Napolitano su un necessario cambio della legge elettorale.
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E’ però anche vero che una modifica del sistema di voto ad agosto potrebbe spalancare del tutto le porte ad un voto anticipato a novembre. Ciò renderebbe forse l’Italia meno esposta ai rischi di una speculazione economica ai danni del nostro paese in quanto si ridurrebbe notevolmente l’attesa del voto e de facto la durata della campagna elettorale.
Ma il quesito è: l’agenda Monti può dirsi definitivamente dirsi conclusa già a novembre? Non è che il professore ha lasciato qualche altro dossier spinoso e necessario ai primi mesi del 2013? E siamo sicuri che un voto anticipato possa garantire una continuità, se non a Monti stesso, alla sua agenda riparatrice?
Domande legittime che pongono sotto un’altra luce sinistra la torbida relazione tra la partita della legge elettorale e le sorti dell’attuale esecutivo.