Che la questione Ilva sarebbe stata di difficile gestione per la politica e per i sindacati l’avevamo facilmente pronosticato: in un Paese come il nostro, in cui l’ecologismo ha sempre avuto vita dura a farsi riconoscere come portatore di valori reali, e soprattutto nel nostro meridione, dove la disoccupazione è praticamente endemica, chiudere un polo industriale che dà lavoro a circa 15000 persone, senza contare l’indotto, avrebbe aperto una faglia importantissima nella città pugliese.
[ad]La speranza di tutti non può che essere quella di riuscire a “salvare capre e cavoli”, tenere cioè in piedi l’occupazione senza perpetuare i danni all’ambiente ed alla salute dei cittadini e dei lavoratori stessi che quell’azienda produce. Ma questo ora come ora non è possibile.
Oggi la città portuale ha vissuto una mattinata di manifestazioni e contestazioni, essendosi affrontate parti a sostegno delle due “esigenze primarie”, il lavoro e la salute.
Otto ore di sciopero erano state proclamate dai sindacati confederali (Cgli-Cisl-Uil, con l’Ugl che ormai è sdoganata quale rappresentante sindacale), appoggiate dal patron tarantino Nicola Riva e dal Presidente dell’Azienda, Bruno Ferrante (già candidato per l’Unione a Sindaco di Milano). Due cortei, circa cinquemila i lavoratori in piazza, tra questi molte donne. Interventi dal palco di Angeletti e Bonanni, e poi il caos.
Nessun tafferuglio, ma la ferma volontà di bloccare la manifestazione dei sindacati, giudicati, da circa 200 militanti dei Cobas, servi della famiglia Riva, incapaci di rappresentare le istanze della città inquinata proprio dai fumi dell’Ilva. Tra questi duecento, anche alcuni colleghi degli operai in piazza: il tema è infatti anche la salute e la condizione lavorativa all’interno della stessa azienda. Non è durata molto la contestazione, e probabilmente avrà – come spesso accade – l’effetto contrario a quello desiderato: per i cittadini comuni, per quelli che abitano in alcuni tra i quartieri più inquinati d’Italia, sarà ora ancor più difficile far sentire la propria voce senza essere accostati a costoro.
Terminata la contestazione – prima che la polizia decidesse di caricare i contromanifestanti – la manifestazione è ripresa con l’intervento della Camusso, che ha stigmatizzato l’interruzione, contraria all’interesse dei lavoratori. Parole che sono state riprese anche da Bonanni ed Angeletti, che fanno però notare come il tentativo di oscurare la manifestazione sia fallito.
Nelle stesse ore, a Bari, le istituzioni locali e il Governo raggiungevano un accordo su un decreto che il Ministro Clini dovrebbe presentare già domani in CdM, verso il quale si è espresso positivamente anche l’ex ministro Fitto (plenipotenziario del Pdl in Puglia), che ha assicurato l’appoggio di tutti i deputati Pdl alla misura proposta. Sintonia che invece i sindacati confederali hanno perso, con Fim e Uilm (i metalmeccanici di Cisl e Uil) che accusano la Fiom e i suoi tentennamenti verso posizioni estremiste di essere la causa dell’interruzione della manifestazione, accuse che Landini e compagni rimandano indietro, rilevando come sia stato proprio il comizio della Cgil a subire l’interruzione, e ricordando come solo i leader Cgil siano rimasti al loro posto insieme ai militanti.