Piacevole, utile, documentato. Il saggio di Matteo Ferrazzi e Matteo Tacconi è prezioso per un doppio pubblico. Gli imprenditori di ampie vedute potranno trovare delle indicazioni o, più correttamente, precisi suggerimenti per preparare la valigia con maggiore consapevolezza e rinnovato entusiasmo. Chiunque ami leggere, poi, ritornerà da questo viaggio ad est con nuovi strumenti per capire l’economia nel 2012. Attenzione però! Dimenticate per un attimo lo spread: qui si parla di questioni pratiche. [ad]Il maggior pregio di questa lettura risiede infatti nella dimensione reale e concreta delle informazioni offerte. Sconsigliato a chi considera l’economia un susseguirsi di indici astratti, i capitoli del libro sbriciolano un clichè dopo l’altro. Delocalizzazione nell’est Europa per produrre merce destinata ai paesi della prima industrializzazione? Un falso mito: quasi tre quarti degli investimenti diretti esteri verso l’Europa centro-orientale sono finalizzati a servire il mercato locale e sono orientati prima ai servizi che al comparto manifatturiero. Da aggiornare anche l’idea che dalla Croazia alla Cina l’unico fattore attraente sia la manodopera a basso costo.Alcuni paesi dell’est Europa possono vantare da qualche anno un’alta competitività per quanto riguarda le infrastrutture e i servizi alle imprese. Sono ormai pochi gli imprenditori che non hanno raccolto l’offerta. Emblematico il caso degli imprenditori brianzoli Fumagalli che in soli due anni hanno rivoluzionato le logiche di un’azienda leader nel mercato come la Candy, abbracciando con energia l’ottica paneuropea, piuttosto che rimanere agganciati alla comodità del quotidiano tragitto casa-fabbrica a bordo della Panda di famiglia. Colonna portante di Me ne vado a Est (Infinito Edizioni, 12€), come si diceva, è il pragmatismo. Tra storie di imprese e imprenditori di successo, dati più che rassicuranti e circostanze favorevoli, è decisamente apprezzabile che gli autori abbiano evidenziato anche i lati negativi dell’internazionalizzazione delle imprese, senza mai coprirsi gli occhi, rifuggendo da un acritico entusiasmo per la dimensione fortemente interdipendente dell’economia negli anni 2000. Due autori giovani ed esperti, un libro unico nel suo genere, senza fronzoli né tecnicismi, una lettura che fa ritornare la voglia di appassionarsi all’economia. (S.P.)
Così, contattiamo Matteo Tacconi, che ci regala una delle sue rare pause tra una trasferta e l’altra nei vari paesi di cui scrive, per parlare del suo ultimo lavoro, Me ne vado a Est: prima di leggerlo pensavo fosse un testo interessante e accessibile solo per chi segue l’Est Europa. Al contrario, è una lettura che consiglierei a tutti.Due autori dalle professionalità diverse. Tu giornalista specializzato sull’Est Europa, Matteo Ferrazzi economista e responsabile marketing per Unicredit Austria. Come vi siete conosciuti e come avete concepito “Me ne vado a Est”?Matteo Ferrazzi stava pensando a questo progetto da qualche tempo. Mi ha contattato perché gli era capitato di leggere alcuni miei articoli e mi ha parlato del libro durante una delle nostre chiacchierate sull’Est Europa. Ho subito mostrato un certo entusiasmo, tanto che Ferrazzi mi ha proposto di scriverlo a quattro mani. Ci siamo trovati molto bene a lavorare insieme: ho scoperto un economista con il senso del racconto. A quando risale il tuo interesse per l’Est Europa? Guardo all’Est con curiosità fin da piccolo. Nel paese dove sono cresciuto, in Umbria, viveva una piccola comunità cecoslovacca e con la mia famiglia siamo andati anche più volte in vacanza nel loro Paese, spingendoci fino all’Ungheria. Ai miei esordi con il giornalismo mi è venuto naturale di specializzarmi su un’area a cui ero già affezionato. Anche perché ho un debole per le piccole patrie e per i paesi in transizione. “Me ne vado a Est” ti avrà dato delle belle soddisfazioni allora, visto che avete spaziato su tutta l’area, arrivando alla Turchia! Con quale criterio avete scelto gli argomenti? L’intento era creare un prodotto accessibile per tutti, con l’obiettivo di far emergere la grandezza del flusso di imprese e cittadini italiani verso Est, oltre che di cogliere l’occasione per “rispiegare” le grandi trasformazioni, non solo economiche, vissute dall’Est. Non tutti i nostri imprenditori le hanno chiare; non tutti i giornali ne parlano con continuità.
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