Ancora in rialzo i mercati finanziari, anche se in preda a forte volatilità: giovedì i mercati aspettavano al varco il presidente della BCE Mario Draghi, che nel corso della settimana scorsa aveva lasciato intendere che la BCE avrebbe spianato il bazooka verso i mercati. Le aspettative sono state però deluse, e i mercati hanno reagito con un generoso tracollo.
[ad]Giornata decisamente opposta quella di venerdì, con gli investitori pronti a ritornare sul mercato recuperando, più o meno, le perdite del giorno precedente. Il perché di questo movimento, al contrario di quello di giovedì, è però di più difficile comprensione: la linea d’azione della BCE non è cambiata, né è risultata più chiara. Draghi ha affermato che gli aiuti da parte della sua istituzione arriveranno solo dopo una formale richiesta di aiuto da parte degli Stati membri (cioè Spagna e Italia), ovvero solo quando questi Paesi decideranno di inginocchiarsi alle richieste (suicide) della Troika. I mercati, quindi, si aspettano che questo evento si verifichi, che Spagna e/o Italia si arrendano, che Draghi intervenga abbattendo il costo del debito pubblico di questi Paesi facendo incetta di titoli pubblici (a breve periodo) e guadagnando quindi ancora un po’ di tempo.
Il problema, però, è sempre quello: la linea Draghi è fortemente condizionata dalla linea tedesca, ovvero aiuti solo in cambio di austerità. Il problema è che l’austerità, se attuata, come sta avvenendo, in contemporanea in Paesi fortemente integrati tra loro, porta solo a ulteriori buchi di bilancio: basti vedere a come le crisi di Portogallo, Irlanda e soprattutto Grecia siano state brillantemente risolte. Va però ricordato che Spagna e Italia non sono economie minuscole come le prime tre: soprattutto per l’Italia, se dovesse finire in difficoltà, la sua montagna di debito pubblico travolgerebbe in un niente l’Europa. Quasi inutile ripeterlo: è necessario che l’Europa faccia squadra, senza che i primi della classe (che pure hanno i propri scheletri nell’armadio) invochino punizioni per segnalare una superiorità spesso inesistente. È vero che il Sud Europa ha esagerato con il lassismo, ma la risposta non è un’austerità suicida, ma un fisco europeo, ovvero più Unione Europea, più coerente nelle sue decisioni rispetto alle parodie di accordi che ai vertici europei, ogni volta decisivi, ogni volta farlocchi.
Per quanto riguarda l’agenda macroeconomica della prossima settimana, lunedì si attende che Ben Bernanke, capo della Federal Reserve USA, confermi quanto detto mercoledì, ovvero che la Fed attende novità dal fronte macroeconomico prima di decidere nuove azioni. Martedì conosceremo il dato della produzione industriale (prevista ancora in calo) e la stima preliminare del PIL italiani: anche quest’ultimo dovrebbe continuare la sua caduta, con un -0,6% trimestrale e un -2,3% annuale attesi dagli analisti. Anche la Gran Bretagna renderà noto il dato sulla produzione industriale, e anche qui le tinte sono fosche. La Germania, invece, dovrebbe vedere un peggioramento negli ordini all’industria. Alla sera, nuovo intervento pubblico di Bernanke.
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[ad]Mercoledì toccherà alla Germania rendere nota la sua produzione industriale, prevista anch’essa in peggioramento. Negli USA, invece, si attendono nel pomeriggio i dati su produttività non agricola e costo del lavoro: la prima è prevista in ribasso, mentre il costo del lavoro è atteso in aumento. Anche negli USA, insomma, l’industria ha le sue buone difficoltà.
Giovedì notte i mercati europei si sveglieranno guardando alla Cina e al suo indice dei prezzi al consumo. Nel pomeriggio occhi puntati invece su bilancia commerciale USA (prevista in lieve miglioramento) e nuove richieste di sussidi (attesi in rialzo ma ancora ben sotto le 400mila unità).
Venerdì, invece, sarà fondamentale osservare il dato sull’inflazione tedesca, tema caro in Germania e fortemente condizionante la politica monetaria europea: gli analisti si attendono un’inflazione stabile a +0,4% mensile e +1,7% annuale, dunque al di sotto della soglia di guardia della BCE.