Analisi Sondaggio Epokè
Il sondaggio di Epokè, grazie alle oscillazioni percentuali, calcolate per i principali partiti, permette di concentrare la nostra attenzione sull’elettorato potenziale e non soltanto sulle stime di voto.
Liste | % |
PD | 24-27 |
M5S | 21-25 |
PDL | 20-24 |
IDV | 4-6 |
UDC | 4-6 |
SEL | 4-5 |
LEGA NORD | 3-6 |
ALTRI | 8-12 |
Occorre specificare che “l’elettorato potenziale” non può essere descritto tramite una forchetta, come nel caso del sondaggio preso in considerazione; tuttavia alcune indicazioni sono utili.
[ad]In primo luogo notiamo come i partiti maggiori presentano le forchette più larghe rispetto i partiti minori. Senza scomodare la teoria dell’elettore mediano possiamo ritenere tale risultato sostanzialmente coerente. I due partiti maggiori, per la loro posizione sull’asse sinistra-destra dovrebbero essere in grado di attrarre elettori più vicini al centro che alle estreme.
Difficile invece fornire una spiegazione rispetto alla forchetta attribuita a Grillo. Il suo infatti non può essere certo definito un movimento che si colloca al centro dello spazio politico eppure la capacità elettorale del M5S è del tutto simile ai partiti maggiori. Per capire meglio la forza del Movimento di Grillo sarebbe molto utile andare oltre il dato quantitativo e analizzare qualitativamente la composizione dell’elettorato potenziale (operazione assai complessa). In ogni caso, anche limitandosi ai dati presentati nel sondaggio, appare evidente che il M5S, per molti italiani, rappresenta un’opzione credibile.
Inoltre il balletto delle alleanze, specialmente a sinistra, favorisce il movimento del comico genovese poco interessato alla costruzione di poli e coalizioni.
Qualche parola va spesa infine rispetto alla possibile alleanza Pd-Sel-Udc. Qualche giorno fa su Repubblica Carmine Saviano, attraverso la lettura dei sondaggi attribuiva a questo ipotetico “Polo della Speranza” un 40% circa. Ovviamente nell’articolo si tiene contro anche delle precedenti tornate elettorali, ma forse sarebbe utile prestare più attenzione proprio alle esperienze del passato.
L’Udc alle regionali 2010, con la strategie delle alleanze variabili, ha evidenziato che il proprio rendimento coalizione, nel centro sinistra, è basso. In particolare all’indomani del voto molte analisi dei flussi elettorali evidenziavano che, alleandosi con il centro-sinistra, Casini perde circa la metà dei voti, non risultando quindi determinante (Piemonte docet) per la coalizione progressista.
Dalla parte opposta Sel, al di là dei sondaggi, negli appuntamenti elettorali non è mai andata oltre il 3,5 segno evidente di uno scarsissimo radicamento territoriale. Senza considerare che gli elettori in uscita da Sel, davanti ad un alleanza con Casini, sarebbero molti come testimoniano le vibranti proteste dei militanti sul Web.
In definitiva la quota del 40%, a chi scrive, appare improbabile. Infatti, venti anni di bipolarismo blando, hanno quanto meno raggiunto un obiettivo ossia la formazione di un elettorato che struttura le proprie scelte anche in funzione delle alleanze: per un elettore del Pd allearsi con Sel o con l’Udc non è equivalente e gli effetti possono essere imprevedibili. Soltanto un ceto politico vecchio e conservativo, come quello rappresentato da buona parte del gruppo dirigente democratico, può credere di costruire alleanze “a prescindere” convinti che i proprio elettori, alla fine, si fideranno del partito. In realtà D’Alema e Casini hanno chiaro questo pericolo e la soluzione è quasi peggio del problema: una legge elettorale che permette a tutti di correre più o meno da soli (Casini a quale punto ridurrà il rischio di perdere troppo voti alleandosi con la sinistra) per costruire alleanze post elettorali.
Purtroppo, non sempre in momenti cruciali la storia fornisce uomini e donne all’altezza del compito e lo spirito di conservazione prevale su tutto il resto.