Tra un’ora John morirà.
I suoi amici lo sanno e lo stanno vegliando da lontano, anche se da tutto il mondo. A Milano si sono ritrovati in piazza dei Mercanti, occupando a poco a poco il porticato del palazzo della Ragione e arrivando fino a piazza Cordusio. Seduti, composti, in silenzio.
Milano è lontana migliaia di chilometri dal carcere dell’Indiana dove John sta passando la sua ultima ora da uomo vivo. Non in libertà, ma almeno vivo. E più passano i minuti, più i ragazzi seduti in piazza sembrano accompagnare il suo tramonto, chi alzando gli occhi al cielo, chi guardandosi le scarpe, chi accendendosi una sigaretta come fosse l’ultima per loro e non per lui.
Quanto dura l’ultima ora di un condannato a morte? Francesco se lo sta chiedendo in questo momento. Ha organizzato il sit-in milanese contro l’esecuzione di John, contattando le varie associazioni, litigando per i permessi, parlando con radio e televisioni. Un lavoro durato un mese e che tra meno di un’ora sparirà con l’uomo per il quale è stato realizzato, per riapparire fugacemente nella cronaca dei quotidiani di domani e in pochi trafiletti dei free press letti con voracità nei vagoni della metro.
Francesco è convinto di non avere sprecato il suo tempo, anche se in questi minuti non può fare a meno di sentirsi del tutto inutile. Cerca di immedesimarsi in John per capire come ci si può sentire sapendo di dover morire fra poco. Immagina un’attesa infinita prima dell’esecuzione, attimi identici l’uno all’altro, aspettando soltanto di essere chiamato dalle guardie. La sensazione del tempo che non scorre, come sempre accade quando non c’è altro da fare oltre a dover attendere.
In piazza, molti hanno acceso una candela. Alcuni l’hanno appoggiata tra le gambe incrociate, altri la stringono forte in mano. Il palazzo della Ragione sembra un presepio illuminato. La massima rappresentazione della vita che sta aspettando un evento di morte. Francesco si alza in piedi per dire poche parole alle persone sedute a terra. Non c’è bisogno di urlare perché nessuno parla e tutti lo stanno fissando: “Pensiamo tutti quanti a John in questo suo ultimo scorcio di vita. Pensiamo a lui e a chi nel mondo sta manifestando insieme a noi. Pensiamo che la nostra attesa non è stata vana e potrebbe contribuire a graziare altri condannati. Infine, se potete, vi chiedo di pensare a quante cose possiamo fare anche solo in pochi minuti. Non siamo riusciti a salvare John, ma possiamo e dobbiamo fare molto altro”.
Francesco si risiede e chiude gli occhi. Molte persone non smettono di osservarlo. Altre uniscono le mani in segno di preghiera e guardano verso la Madonnina. Un gruppetto di ventenni solleva un cartello con scritto “In the name of John”. Il quartetto d’archi invitato per il sit-in intona l’ Ave Maria. I poliziotti che da piazza Duomo sorvegliano la manifestazione allontanano un paio di ubriachi. Da via Orefici arriva il rumore di ferraglia del 27, che frena prima di svoltare in via Mazzini.
John è morto.
La musica del quartetto d’archi prosegue, anche se con tono più sommesso. Le candele si stanno lentamente consumando. Nessuno ha voglia di tornare a casa. In tanti vanno a salutare Francesco, lo ringraziano, lo abbracciano. Lui accenna sorrisi e lentamente si defila con modestia. Sta già pensando a cos’altro fare da adesso in poi.
Per Francesco la vita continua, già dalla prossima ora.