Dal Blog: La botte piena e la moglie ubriaca
Concordo con nonunacosaseria:
L’ho già scritto pochi giorni fa: abbiamo uno strano rapporto con le riforme, istituzionali o economiche che siano. Qualcuno, a dire il vero, ci ruzza un po’ su per motivi partitico-elettorali. Sono i soliti che invocano tagli di costi sacrosanti (cacciabombardieri, convenzioni con la Svizzera, auto blu… cose così) e, con i risparmi ottenuti, finanziare – di volta in volta e a seconda di dove porta il dibattito politico – quando la riduzione del debito pubblico, quando la diminuzione delle tasse, quando imponenti interventi statali per il rilancio dell’economia (viene in mente la scena dei capi di bestiame nel film “Anni ruggenti”). Sono anche i soliti che “democrazia diretta! democrazia diretta!”, ma se un referendum non è promosso da loro, allora non vale.
Spesso, però, partiamo in tromba senza pensare che attuare una riforma non significa arrivare a vedere verdi vallate sorridenti e placidi mari blu.
E così cadiamo nell’incoerenza.
I più focosi nel criticare, una decina di giorni fa, la sortita di Monti dandogli dell’antidemocratico per la sua sortita contro i Parlamenti erano anche gli stessi in prima fila nel chiedere di dimezzare – e per soli motivi economici – il numero dei parlamentari. E tra quelli che chiedono di dimezzare i parlamentari ce ne sono tanti(ssimi) che vorrebbero un rapporto più stretto tra eletto e territorio. Poi ci son quelli che vorrebbero il ritorno alle preferenze e, al tempo stesso, la riduzione dei costi della politica. O l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, salvo poi alzare il ditino scandalizzati perché Tizio industriale ha elargito un contributo a Caio politico. Ancora: c’è chi vuole la maggior partecipazione politica vista come spirito di servizio, ma con stipendi da metalmeccanico e dopo due mandati a casa. E, a proposito di partecipazione, quelli che vorrebbero il maggior coinvolgimento possibile da parte di tutti, ma poi si lamentano dei riti, dei lacci e dei lacciuoli.
Gli esempi non mancano. Il timore è che a far le cose così poi succeda come dalle mie parti: un anno fa tutti a chiedere l’abolizione delle Province, oggi tutti infuriati perché a non essere più capoluogo chissà dove si andrà a finire (e se dovesse passare la riduzione dei parlamentari, son pronto a scommettere pizza e birra che i soliti che oggi la invocano saranno i primi a lamentarsi perché la mia città per la prima volta da anni non avrà un suo deputato). Invece, avere maggiore consapevolezza oggi su quel che c’è da fare, anche con le eventuali implicazioni negative, aiuterebbe a guardare ancora più avanti: essere meno illusi oggi per essere meno disillusi domani.
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