Bella intervista al ministro Fabrizio Barca. Adesso speriamo che seguano azioni coerenti con essa.
Ministro Fabrizio Barca, lei guida il dicastero della Coesione territoriale, condivide il giudizio espresso ieri dall’agenzia di rating Fitch : «Basta austerità, ora avanti con le riforme» ? Cosa c’è ora in cantiere?
«In cantiere a questo punto ci devono essere le gru. Direi».
Cioè?
«Mi spiego: se dovessimo iniziare oggi, a settembre, a fare le riforme perché abbiano effetto a dicembre, staremmo freschi. Adesso è il momento di attuare quello che abbiamo fatto dal 15 novembre. La gente ora deve vedere le gru nei cantieri, gli asili che aprono, i bandi che partono».
Quindi l’agenda della crescita non esiste?
«La nostra missione è quella di realizzare gli interventi. Non si tratta soltanto di scrivere i regolamenti ma di vigilare perché tutta la catena decisionale si attivi: dal centro alla periferia».
Un esempio.
«La riforma del lavoro: dobbiamo lasciare al prossimo governo un processo avviato tanto per la nuova assicurazione, l’Aspi, quanto per i centri di impiego. Liberalizzazioni: si deve agire concretamente sui servizi ferroviari, gli ordini i monopoli».
Venerdì prossimo, in Consiglio dei ministri, quale sarà il suo contributo all’attuazione del programma?
«Io porto alcuni interventi che intendo avviare entro la fine del mandato. Il primo riguarda le grandi opere: tra gli altri collegamenti ferroviari, abbiamo finanziato e tradotto in un contratto quello a Alta capacità Napoli-Bari, che abbatterà i tempi di percorrenza di 48 minuti».
Non teme «intoppi» come quelli della Val di Susa?
«Se per questo c’è già il caso dell’attraversamento di Acerra. Ma abbiamo fatto in modo che qualsiasi decisione venga presa in merito nella Conferenza di servizi, l’iter non si blocchi».
Vuol dire che siete pronti a forzare la decisione della Conferenza dei servizi?
«No, vuol dire che, se entro il centinaio di giorni previsti il tracciato non verrà approvato, scatterà automaticamente quello alternativo, che è già varato».
Un metodo applicabile anche in Val di Susa?
«Sono casi diversi. Qui si è valutata la possibilità che l’attraversamento di Acerra, per una linea che deve favorire il collegamento tra i principali poli industriali del territorio, che rappresentano il 55% dell’intero settore della meccanica nel Sud Italia, possa non considerarsi necessario».
Torniamo al suo «compito a casa». Quali altri interventi intende almeno avviare?
«Ce n’è uno che impatta direttamente sulla gente e riguarda i servizi essenziali. Si tratta, ad esempio, di far partire i lavori di riqualificazione degli edifici scolastici per un miliardo di euro: sono finanziamenti decisi e fondi già trasferiti alle Regioni. Il nostro compito è aiutare a realizzarli e vigilare sull’esecuzione. Stessa cosa per la cura dell’infanzia e l’assistenza agli anziani per 750 milioni o la comunicazione digitale per 200 milioni».
Qualcosa che riguardi il Sud specificatamente?
«Molti di questi interventi finiranno per essere attuati al Sud. Stiamo programmando con alcuni colleghi di aiutare le imprese nelle Regioni con grave caduta occupazionale come la Campania che lamenta un calo del 10%».
In che modo?
«Prorogando la cassa in deroga o dando respiro finanziario alle piccolissime imprese, purché il loro tessuto sia sano».
Cosa le fa credere che i fondi non si disperderanno in mille rivoli come nella gestione dei terremoti?
«Be’ proprio a proposito dei terremoti, in Abruzzo abbiamo creato due uffici speciali».
A che servono?
«A gestire la ricostruzione. Il modo per sbloccare molti interventi che sono fermi non è, come dicono molti, semplificare le procedure ma individuare qualcuno le gestisca, assumendosene la responsabilità. Siamo bravissimi nelle emergenze, poi però ci perdiamo nella ricostruzione».
Come sceglierete questi manager dei terremoti?
«Con un bando pubblico: cerchiamo 300 tra ingegneri, geologi, architetti, riservando il 50% dei posti a chi abbia già maturato e dimostrato esperienza sul territorio. Poi se funzioneranno, li useremo in altre emergenze. È una novità, no?».
Lei crede che i cittadini stiano percependo queste novità?
«Stante l’enorme lavoro fatto nella prima fase, che chiamo ascendente, non era facilissimo comunicare. I cittadini ci hanno firmato un assegno. Ora, in questa fase finale del governo, discendente, diventa decisiva la comunicazione, che non è propaganda. Noi non dobbiamo convincere nessuno. Il nostro scopo è che alle imprese e alle famiglie torni la voglia di ripartire, di rischiare. Dobbiamo ricreare il clima necessario».
Moody’s e Fitch hanno detto che si è fatto quanto dovuto. Soddisfatto?
«Non commento di solito queste analisi. Mi pare che corrisponda a quanto detto giorni fa dal presidente dell’eurogruppo Jean-Claude Juncker».
La macchina amministrativa risponde a questo sforzo riformatore del governo?
«Questo è un punto importantissimo: insieme al piano del taglio del debito pubblico del ministro Vittorio Grilli fa parte della seconda fase della spending review. Finora abbiamo aggiustato la rotta, ma la macchina è quella di prima. Adesso però serve un contributo aggiuntivo cui sta lavorando il collega Pietro Giarda. Io stesso ritengo che la macchina della Coesione territoriale abbia bisogno di una registrazione».
Intanto l’appoggio politico, con l’avvio della campagna elettorale, è destinato a declinare. Non pensa?
«No, io ritengo che sia nell’interesse di qualunque forza politica di buon senso ritrovarsi dopo le elezioni con una macchina che è ripartita. Ho percepito un consenso per alcuni miei provvedimenti, che è andato oltre la maggioranza. Mi hanno detto: “Attua Barca, attua”».
Alcune battaglie, come quella della lotta all’evasione fiscale, non sono universalmente popolari. Anche lei ritiene come il presidente della Corte dei conti che vadano premiati quelli che pagano le tasse?
«Premiati no, riconosciuti sì. E non martoriati. Ad esempio tra i commercianti non si parla mai di quelli onesti. E invece è importante distinguere le due famiglie: chi si comporta bene e chi no».
Ministro, cosa farà dopo?
«Dopo quando?».
Quando finirà la fase «discendente» di questo governo.
«Perché, finisce?».
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