Un recupero, ma non il consueto sorpasso. Mentre i democratici scaldano i motori per la convention in North Carolina, che manderà ufficialmente il presidente in carica Barack Obama alla ricerca di un secondo mandato per i repubblicani è tempo di valutare l’effetto massimo della kermesse politica che ha incoronato Romney.
[ad]Nella media sondaggi stilata da Real Clear Politics lo svantaggio nel voto nazionale dello sfidante si è di fatto colmato, lasciando al presidente un margine di appena lo 0,3%. Questo risultato si ottiene mettendo insieme i sondaggi Rasmussen (Romney +2%), Gallup (Obama +1%), Democracy Corp (Obama +2%), Cbs News (Obama +1%), Abc News/Washington Post (Romney +1%), CNN (Obama +2%) e Fox News (Romney +1%). La media viene calcolata non come differenza fra i singoli distacchi, che consegnerebbe Obama avanti di ben 2 punti percentuali, ma sui consensi registrati in ogni rilevamento dai due competitor. L’ex governatore del Masachusetts è riuscito in tal modo ad agganciare il presidente in carica al 46% dei voti.
Il discorso di Clint Eastwood – momento topico di Tampa – con la sedia vuota, a simboleggiare l’accusa di leadership evanescente a Obama, insieme a qualche frame azzeccato quale l’accostamento delle performance economiche del suo primo quadriennio alla Casa Bianca con quelle di Jimmy Carter hanno aperto una breccia nell’elettorato. Merito anche di un discorso conclusivo, nel quale Romney ha regalato la promessa di un ritorno alla crescita del Pil cercando di mostrare un lato più energico e carismatico finora ignoto alla sua campagna.
L’esperimento di umanizzazione del candidato sembra aver funzionato, ma soltanto a metà. Il primo campanello d’allarme si rintraccia nella battaglia per gli stati in bilico. In Iowa e Virginia la forbice si è quasi azzerata, in Florida Obama conserva un vantaggio di un punto percentuale, mentre nell’Ohio terra per definizione della worker class e della middle class americana il presidente sorpassa il rivale di quasi un punto e mezzo percentuale. In compenso, se si votasse oggi Romney porterebbe a casa il North Carolina staccando Obama di 2 punti percentuali, surclassandolo poi in Missouri dove il vantaggio toccherebbe i 6 punti. I repubblicani sono riusciti anche a rimettere in carreggiata la competizione in Wisconsin (+1,4% per Obama) e in Colorado (+1% per Obama).
Va evidenziato che per essere quella di Romney una candidatura basata su una piattaforma ultraliberista in economia la sua storia personale e politica gli consente di ottenere consensi inimmaginabili da almeno trent’anni per il Gop nella costa Est: in Pennsylvania Romney è indietro del 7,7% mentre nel New Hampshire il distacco scende al 3,5%.
Tutti numeri che fanno di Romney un candidato particolarmente competitivo, ma non ancora abbastanza per scalzare la posizione di primazia di Obama, specie nella conquista degli swing-state dai quali dipende il raggiungimento della soglia magica dei 270 grandi elettori.
Una nota di maggiore delusione per i repubblicani è il confronto fra la situazione a settembre della sfida Obama vs Romney rispetto a quella di quattro anni fa di Obama vs McCain. La comparazione è molto istruttiva e ci avvaliamo per renderla concreta del grafico di Real Clear Politics. Rispetto a McCain, l’attuale candidato repubblicano dal mese di maggio è riuscito a tenere meglio il passo nei consensi di Barack Obama, che pur zavorrato da una prosecuzione della recessione e da un tasso di disoccupazione sopra l’8% non mostra una percentuale di intenzioni di voto dissimile rispetto a 4 anni fa.
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[ad]Se però facciamo una comparazione fra il livello nei sondaggi di McCain dopo la convention di investitura in Minnesota del settembre 2008 e quello di Romney dopo Tampa la differenza è palpabile. Il senatore dell’Arizona, complice una strategia comunicativa tesa a esaltare i suoi lati da combattente e da veterano in Vietnam nella media RCP sopravanzò Obama di ben 2,5 punti percentuali. Impresa che non è riuscita ai repubblicani in questa circostanza. E questo potrebbe essere il peggiore presagio per l’esito della competizione per la Casa Bianca. È vero che la storia degli Stati Uniti insegna che i presidenti hanno vita breve se incrociano le elezioni in un periodo di stagnazione e di alta disoccupazione. Tuttavia è altrettanto appurato che una convention senza un traino apprezzabile può far calare le chance di elezione di uno sfidante.
E se il frame Jimmy Carter è molto efficace per indicare il disastro economico nella contemporaneità per l’esito non brillante di una convention, Romney potrebbe essere associato a John Kerry un altro americano nodoso, con difficoltà inaccettabili per un leader nell’entrare in contatto emotivo col cittadino di main street.