Il discorso di Obama, un sogno americano “solidale”
[ad]Sulla politica estera, dopo un omaggio e la promessa di non lasciare soli i soldati che hanno reso più sicura l’America, ha avuto gioco facile sullo sfidante: “non dire che la Russia è il nostro nemico pubblico numero 1, a meno che tu non sia fermo alla guerra fredda”, “forse non sei pronto per la diplomazia cinese, se non riesci ad andare alle Olimpiadi senza offendere il nostro migliore alleato”. È una rivincita, nei confronti del discorso dello sfidante McCain, veterano che quattro anni fa lo definì impreparato in politica estera: Obama, oltre a prendere in giro il suo rivale, vanta di aver migliorato i rapporti con gli alleati e di averne creati di nuovi, quando il suo predecessore aveva generato un certo astio nei confronti degli Usa nelle società civili di molti suoi alleati.
Dalla difesa della riforma sanitaria, trae spunto l’enunciazione del “sogno americano” secondo Obama: “noi crediamo nella responabilità personale e celebriamo i successi individuali”, ma “noi crediamo anche in qualcosa chiamato cittadinanza”, “una parola nel profondo del cuore dei nostri fondatori”, “della nostra democrazia”. Non un’idea da “socialisti”, perché, parafrasando Ford, “noi crediamo che quando un CEO paga abbastanza i lavoratori per comprarsi l’automobile che producono, l’intera azienda ne beneficia”.
Il richiamo all’importanza della scelta in queste elezioni è costante per tutto il discorso presidenziale, e non può quindi mancare la citazione kennediana “l’America è quello che noi facciamo, tutti insieme”.