“Rifare la politica (quella con la P maiuscola)” è l’obiettivo che si sono posti ieri i partecipanti al convegno nazionale di Rifare l’Italia, la corrente “socialdemocratica” del Pd, la corrente guidata tra gli altri da Stefano Fassina, Andrea Orlando e Matteo Orfini.
[ad]Le posizioni critiche nei confronti delle misure economiche del Governo Monti, in particolare sulla riforma del Lavoro targata Elsa Fornero, sono ben note, così come ben note sono le critiche nei confronti del più celebre tra i quarantenni democratici, il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Questo ha attirato nei giorni scorsi l’attenzione di esponenti delle diverse anime del partito, dallo stesso Renzi (“Fanno battaglie generazionali solo ai convegni”), al “franceschiniano” Giacomelli (“mi sembra vogliano fare una gioiosa macchina”), fino al “lettiano” Boccia (che invece insiste sulla necessità di proseguire l’opera di Monti).
Risposte ne sono date a tutti. Alcune più taglienti, altre semplici e dirette. Ai rottamatori, Fassina (il primo dei responsabili ad intervenire) ricorda che nelle visite all’Alcoa, o al Carbosulcis, dai lavoratori non venivano richieste di rottamare dirigenti politici, ma di dare occupazione, lavoro. E a chi sostiene l’ineluttabilità della tecnica al di sopra della politica, ha risposto “il cambiamento non è dato, l’economia è politica”, come a dire: diverse sono le opzioni nel menu, quella dei progressisti è diversa da quella di chi è riunito a Cernobbio. La “tecnica” così come la conosciamo oggi altro non sarebbe che il liberismo, la teoria economica che avrebbe guidato la politica economica europea di questo inizio secolo, i cui fallimenti – per Fassina – sarebbero abbastanza evidenti che non servirebbe riscriverne l’agenda, ma cambiarla alla radice, con l’aiuto delle forze progressiste europee. L’agenda del cambiamento, per Fassina, dovrebbe piuttosto migliorare la qualità della democrazia, a partire dalla qualità del lavoro (“nessun leader progressista in Europa direbbe con Marchionne, senza se e senza ma”, frecciatina nei confronti del Sindaco di Firenze).
Quindi le primarie, che non devono esaurire i compiti di un partito, che non devono essere uno scontro tra giovani e vecchi, ma tra programmi diversi: anche qui il riferimento indiretto è a Matteo Renzi, con Orfini che successivamente risponde in via diretta all’attacco del Sindaco: “Noi non facciamo battaglie generazionali. La nostra è una battaglia politica nel Paese. Ci piacerebbe che Renzi facesse lo stesso”.
Nell’intervento di Orfini anche un accenno alla polemica sul “futuro organigramma”: non è giusto – ha affermato – che si pensi al mandato ministeriale come l’unico modo di poter fare politica, chi ha già fatto due mandati non ha un diritto divino a farne un terzo.
Conclude la serata Andrea Orlando, con un intervento incentrato sulla necessità di giustizia sociale: competizione e trasparenza di mercato, ma anche equità, per “salvare il capitalismo da se stesso”. Dal responsabile del forum Giustizia del partito di Bersani anche un richiamo forte al garantismo, un tema che gli eventi dell’estate hanno reso particolarmente rilevante per la costruzione di un’identità politica, e che segna ancor più un solco con l’IdV di Di Pietro.