Lavoro, presentati i quesiti referendari in Cassazione

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Non è detto che questo influirà nella prossima campagna elettorale, ma intanto oggi i partiti ed alcuni esponenti sindacali alla sinistra del Pd si sono ritrovati per consegnare in Cassazione i quesiti referendari per cancellare la riforma del lavoro.

L’iniziativa referendaria era partita dall’Italia dei Valori, non nuova alla promozione di referendum (memorabile il successo sui cosiddetti beni comuni), ma Antonio Di Pietro aveva già alcuni giorni fa aperto le porte agli alleati storici, Nichi Vendola, Ferrero, Diliberto e Bonelli, oltre che a rappresentanti sindacali della Fiom e delle correnti di sinistra della Cgil.

 

[ad]I due quesiti serviranno a cancellare un articolo dell’ultima manovra del governo Berlusconi (che prevede la possibilità di derogare ai contratti nazionali se c’è il consenso dei sindacati rappresentativi) e parti della riforma Fornero relative alle procedure di licenziamento.

La raccolta firme potrà partire dal 12 ottobre, e come sempre, dovrà raccogliere mezzo milione di firme.

“I quesiti referendari – spiega il leader di Sel – cercano di reinstaurare la civiltà del lavoro”, dopo che un’intera legislatura ha “creato problemi al mondo del lavoro”. “Siamo convinti che questa riforma comporterà licenziamenti più facili e maggiore precarietà”, ha aggiunto la Senatrice Carlino, dell’IdV, relatrice di minoranza della Riforma Fornero.

Che da questa iniziativa possano nascere novità nello scenario politico, a pochi mesi dalla campagna elettorale, non è certo. In primo luogo, perché ad ogni modo il referendum si potrà votarlo solo ad elezioni avvenute.

Il Pd, anche nella sua ala più a sinistra, quella di Fassina e Orfini, per intenderci, boccia il referendum  senza mezze parole (“Le regole sul mercato del lavoro non si cambiano con atti unilaterali. Abbiamo criticato il ministro Sacconi per le sue forzature e non a procederemo su una strada che fa altre forzature” ha detto giorni fa il responsabile economico del Pd). Fa eccezione Cofferati, promotore del referendum, che 10 anni fa portò al Circo Massimo milioni di persone per scongiurare un attacco all’art. 18 da parte del secondo Governo Berlusconi.

Per Diliberto e Ferrero, può essere invece un’occasione nemmeno troppo velata per uscire dall’anonimato mediatico in cui si è ritrovato dall’uscita dal Parlamento quattro anni fa. Analogo discorso per Bonelli, che in precedenza aveva provato a portare il movimento dei Verdi in un’area più centrale dello spazio politico, ma senza trovare sponde.

L’apertura da parte di Di Pietro alle componenti della sinistra è però volta principalmente a scardinare l’asse Pd-Sel, perché “le alleanze si fanno sui programmi e questo referendum è un programma su cui allearsi”. Dei dubbi vengono però dal Governatore pugliese: “penso – ha affermato – che il Pd non appoggia i referendum ma, come avvenuto in altri casi, poi li fa vincere. Credo ci ritroveremo tutti nel voto”.