“Adesso!”. È questo il mantra che accompagnerà la campagna elettorale di Matteo Renzi per le primarie in tutte le province d’Italia, un tour in camper che ripercorre volutamente la metafora blairiana del “viaggio”.
Un viaggio che parte da Verona, anche lì, non a caso. Verona è guidata dal più famoso tra i sindaci leghisti, Flavio Tosi, un “giovane amministratore” che dopo aver rischiato di essere epurato dal proprio partito, ha imposto la sua lista personale, ha rivinto le elezioni amministrative con percentuali “bulgare” ed ha imposto al proprio partito il “modello Tosi” per ripartire dopo le sconfitte della passata primavera. Un comune appena fuori Verona è invece San Giovanni Lupatoto, cittadina in cui si è imposta una squadra di giovani guidata dal neo-sindaco Vantini, democratico che ha aperto la convention renziana e a cui il collega fiorentino dedica l’incipit del discorso: “Federico ha dimostrato che quando il centrosinistra rifiuta la logica del catenaccio e prova a giocare all’attacco, allora rischia di farcela”.
“Adesso!”, e non potrebbe essere altrimenti: la sfida renziana si basa sull’idea che sia venuto il tempo di rottamare le classi dirigenti che hanno guidato il paese negli ultimi 25 anni, non per uno sterile avvicendamento, ma per “cambiare il futuro dei nostri figli”. Di farlo senza chiedere il permesso, ma piuttosto sfidando le classi dirigenti attuali: “Essere democratici – ha affermato – significa consentire a ciascuno di coltivare il proprio sogno senza chiedere il permesso”. L’attacco alla generazione del ‘68 è forte e talvolta condito da ironia: il video che lo accompagna è incentrato sugli avvenimenti dell’ultimo quarto di secolo, spazia da Reagan a Obama, mostra che tutto è cambiato, tranne le classi dirigenti italiane, “forse vogliono darci un punto di riferimento, la certezza di qualcosa immobile in un mondo che cambia”. In un passaggio successivo il sindaco di Firenze mette tre generazioni a confronto, quella dei “nostri nonni”, che ringrazia per “averci dato ricchezza senza eguali e prospettiva di benessere forse eccessiva”, quella del ’68, implicitamente accusata di essere corresponsabile della crisi, e quella dei nati negli anni ’70, invitata a “rottamare la subalternità alla generazione” precedente.
Da rottamare, per Renzi, è anche l’accusa di prendere voti dal centrodestra: quello dev’essere anzi l’obiettivo, “non alle primarie” precisa”, ma alle elezioni. Poiché l’obiettivo è vincere, l’avvertimento agli elettori di centrodestra è tutt’altro che velato: “non ho paura di chiedere voti al centrodestra, perché cari amici che l’altra volta avete votato Berlusconi, non abbiamo paura di venirvi a stanare dalle vostre delusioni”. Se dovesse vincere, tre sarebbero i punti chiave per far ripartire l’Italia: l’Europa (da vivere, non da subire), il futuro (verso il quale nutrire speranze, l’orizzonte dei prossimi 25 anni da costruire) e merito. Se invece dovesse perdere, assicura, piena lealtà a Bersani, “si dà una mano a chi ha vinto perché la sconfitta fa parte del gioco e la vera sconfitta è non provarci”.
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Le citazioni sono numerose, nell’eloquio renziano: da Blair a Michelle Obama, molti tratti del discorso insistono sulla appartenenza del sindaco al solco dell’area liberal della sinistra mondiale. Anche la scenografia, con i cartelli “stile Obama” dati ai presenti in sala (che ricordano anche i cartelli “se pò fa” della campagna elettorale veltroniana), con i colori rosso e blu, ricordano più una convention democrat che un comizio democratico. Così anche il passaggio in cui annuncia la propria candidatura contiene una citazione, questa volta alla “promessa scout”, con l’impegno sul proprio onore di fare del proprio meglio per meritare fiducia dai propri sostenitori.
Il camper renziano oggi farà il giro del Veneto, concludendo con la partecipazione alla Festa dell’Unità di Padova. Proprio dal Veneto, nel frattempo, è arrivata la terza candidatura (non ancora ufficiale) del Pd alle primarie del centrosinistra: quella di Laura Puppato, trevigiana, ex sindaco di Montebelluna, di area ecologista.