Kosovo: dall’indipendenza alla sovranità, è il momento di fare sul serio
Indipendente dal 17 febbraio 2008, il Kosovo celebra oggi la fine della sorveglianza da parte dell’International Steering Group*, il gruppo amministrativo di 25 paesi formato 4 anni fa per supervisionare la sovranità della regione. Per il giovane stato quella di oggi è più che altro una data storica da ritrovare sui libri tra qualche anno – “è l’inizio di una nuova era” ha profetizzato il primo ministro Hashim Thaci -, visto che di tensioni interne ne restano molte e che l’autosufficienza economica è inauspicabile in tempi brevi. Tanto per cominciare Mosca si rifiuta di riconoscere al paese la personalità giuridica internazionale e, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, lo definisce un “quasi stato”, sottolineando la mancanza di un annuncio dell’Onu. Riconosciuta da 91 nazioni appartenenti all’Onu, l’indipendenza del Kosovo non è stata ancora accettata da 5 paesi membri dell’Ue: Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia. Ma i veri nodi sono quelli interni, di una repubblica che, controllo o non controllo, sembra non avere ancora le strutture e le condizioni economico-sociali per essere davvero indipendente.
[ad]Dal 2008 a oggi, il Kosovo di passi avanti ne ha fatti, tant’è che l’Isg ha stimato di poter interrompere il monitoraggio dell’indipendenza e venerdì scorso il parlamento di Pristina ha approvato i cambiamenti costituzionali necessari a garantire la piena indipendenza del paese. Dal canto suo, Belgrado getta un’ombra sui festeggiamenti e fa sapere che ”non riconoscerà mai l’indipendenza di Pristina, con o senza supervisione internazionale”. Una dichiarazione pesante, in quanto nel nord del Kosovo vive una maggioranza serba che continua a rifiutarsi di rispondere al governo locale e si dichiara fedele invece a quello di Belgrado.
La neonata democrazia “moderna e multi-etnica” kosovara sarà in grado di gestire questo grosso squilibrio? D’altronde prima o poi sarebbe dovuto succedere, un paese non può iniziare a costruire la propria indipendenza rimanendo controllato a vista e nemmeno appoggiarsi alle istituzioni internazionali nel convivere con le sue stesse differenze etniche. Senz’altro il fatto che nel 2008 l’indipendenza sia stata dichiarata per sopperire al mancato compromesso con Belgrado invita a rimanere prudenti, anche perché da allora di miglioramenti sull’asse Belgrado-Pristina non ce ne sono stati. Di nuovo, essere indipendenti ha i suoi vantaggi e comporta grossi doveri: per il Kosovo è giunto il momento di assumerli, anche se non tutti d’un colpo.
Indipendenza e piena sovranità step by step
Infatti, se il Gruppo internazionale di orientamento sul Kosovo ha cominciato le procedure per lasciare il paese – e, come stabilito a Vienna il 2 luglio scorso, entro la fine di dicembre chiuderà l’Ico (l’ufficio civile internazionale guidato dal rappresentante speciale UE Pieter Feith), – rimarranno comunque sul territorio le forze della NATO, dell’Onu e dell’Ue con la sua missione amministrativa Eulex.
Da Pristina è stato l’olandese Feith ha dichiarare quest’oggi che “la sorveglianza sull’indipendenza del Kosovo è finita”. Sarà però progressivo e molto lento lo smantellamento del contingente di pace della NATO, il Kfor, con oltre 5600 uomini, dell’Unmik, il corpo civile dell’Onu e della missione Eulex, comprendente forze dell’ordine, magistrati e funzionari dell’Ue. Quest’ultima resterà, con forze gradualmente ridotte, fino al 15 giugno 2015.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)