La guerra tra Russia e Georgia, un conflitto mai finito. Come si svolsero i fatti, come sarà il futuro
[ad]Saakahsvili sperava in un appoggio americano che non c’è stato, giravano poi notizie sul disinteressamento della Russia dell’Ossezia, cosa che avrebbe reso possibile una riacquisizione georgiana della zona. Già settimane prima dell’attacco georgiano, le truppe russe si esercitavano in Ossezia, in quelle stesse aree che sarebbero state il futuro campo di battaglia facendo intuire che i russi fossero già a conoscenza del piano georgiano. La notte tra il 7 e l’8 agosto del 2008 le truppe georgiane partono alla volta di Tskhinvali, capoluogo dell’Ossezia del Sud, che riescono ad occupare in breve tempo grazie ad un fitto bombardamento. I russi non aspettavano altro, immediatamente attaccarono le truppe georgiane in Ossezia e bombardarono anche zone strategiche all’interno del territorio georgiano. Contemporaneamente i soldati russi avanzano anche in Abkhazia dove, senza sparare un colpo visto l’immediata resa delle truppe georgiane, arrivano fino a Poti, città portuale del Samegrelo, quindi all’interno della Georgia. In 5 giorni la guerra si conclude e grazie all’intervento americano ed europeo i russi non proseguono la loro avanzata limitandosi ad estendere il loro controllo su Abkhazia ed Ossezia del sud da dove tutti i cittadini georgiani sono costretti a lasciare le loro case e dirigersi verso la Georgia.
Le conseguenze di questo conflitto per i georgiani sono enormi e le lacerazioni nella società sono vivissime. In primis, centinaia di migliaia di nuovi profughi (in un Paese di appena 4.5 milioni di abitanti) arrivano in Georgia e si sommano ad altre centinaia di migliaia di profughi abkhazi. Dal punto di vista economico è un colpo che la Georgia non è riuscita e non riuscirà ad assorbire per almeno altri 20 anni. Dal punto di vista sociale vi sono un numero altissimo di persone che hanno perso tutto, che si ritrovano a vivere in condizioni spaventose nei numerosi villaggi sorti attorno a Gori. Queste persone non riescono ad entrare nella società, vivono ai margini, visto che risulta a loro quasi impossibile trovare lavoro in un Paese già bloccato dall’altissima disoccupazione.
D’altro canto, a seguito della guerra, è arrivato in Georgia un fiume di denaro impressionante dagli Stati Uniti e dall’Europa che sta permettendo la ricostruzione del Paese e pure l’arricchimento della corrotta classe politica. Tutti i profughi vivono nelle case costruite e finanziate dalla UE e dagli Stati Uniti, e sopravvivono grazie ai loro aiuti. Praticamente tutto l’apparato statale sopravvive grazie ai dollari americani che continuano ad arrivare, in cambio hanno un Paese totalmente filo americano che sta dando anche un importante contributo di militari in Afghanistan e permette agli USA di avere un forte controllo sull’operato del presidente. Tutti questi soldi, però, nonostante il luccichio dei numerosissimi nuovi e scintillanti edifici, non sono stati utilizzati per gettare le basi della creazione di un’economia che manca totalmente nel Paese.
La Georgia è solo fumo negli occhi, un Paese che sembra vivere un fortissimo boom economico ma che in realtà ha i piedi fragilissimi, basterebbe che gli USA e la UE bloccassero o ridimensionassero i fondi per far piombare la Georgia nella miseria. Altro lascito della guerra è un diffusissimo risentimento antirusso alimentato dalle autorità, tanto che è stata varata una legge vietante la diffusione in pubblico di musica russa. I pochi russi che ancora vivevano in Georgia sono tornati nella loro madre patria mentre in Russia la vita dei numerosissimi georgiani che vi abitano è diventata sempre più difficile a causa delle discriminazioni che devono sopportare quotidianamente e sfocianti a volte in atti di vandalismo e di violenza. Tutti i segnali e le scritte in russo che erano presenti in Georgia sono state eliminate; le vie, che avevano un nome russo, hanno assunto una denominazione georgiana. Altro lascito della guerra è stata la chiusura dell’export verso la Russia che rappresentava il principale, e quasi unico, sbocco commerciale per i prodotti georgiani.
La situazione della Georgia, in conclusione, rimane molto incerta, la guerra ha sì causato distruzione e una marea di profughi ma ha pure permesso l’arrivo di ingenti aiuti stranieri senza i quali il Paese non si reggerebbe in piedi. Il futuro è quanto mai precario a causa delle imminenti elezioni, prima parlamentari e poi presidenziali, che vedranno scontrarsi il partito di maggioranza filoamericano del presidente Saakashvili ad un’opposizione finalmente unita e dalle altissime disponibilità economiche guidata dal filorusso Ivanishvili. Anche in questa campagna elettorale si parla molto di Ossezia del sud ed Abkhazia a dimostrazione di quanto questa ferita sia ancora aperta e continui a sanguinare. Naturalmente entrambi i candidati promettono un ritorno sotto la giurisdizione georgiana di quei territori come primo punto del loro programma ma forse i georgiani sono ormai disillusi e non credono ad un cambiamento per lo meno nell’immediato futuro.
di Michael Biasin