Dopo le vacanze arriva il momento di condividere storie e luoghi interessanti che abbiamo incontrato. In Ungheria, l’estate è la stagione dei festival, un po’ come in Italia lo è delle sagre. Nelle seconde si mangia e si beve seduti a piccoli gruppi e “va tutto bene” perché sono eventi per famiglie; ai festival ungheresi si mangia, si beve e ci si gode la musica socializzando con gli altri giovani e, come risultato, simili iniziative guadagnano una reputazione da rave party. Amato da molti e odiato da altrettanti, il Sziget di Budapest (si legge “siget” e significa “isola”) è il più noto degli appuntamenti estivi in terra magiara; spero leggerete con piacere questo piccolo viaggio nella dimensione del Sziget, accompagnato da domande ai locali e da qualche commento d’eccezione, come quelli dei musicisti italiani presenti all’edizione 2012, da Dente al Teatro degli Orrori.
Palese anche che al Sziget ci siano persone ubriache. L’alcol è venduto in giocosi secchielli dotati di numerose cannucce, per condividere il cocktail, spesso ben annacquato, con amici e tizi del tavolo accanto. La percentuale di elementi in stato d’ebbrezza sarà pure alta, ma questa è una questione sociale che non ha nulla a che vedere con il Sziget, tant’è che i giovani ubriachi sul serio li troviamo in discoteca o in giro per le città durante tutto l’anno. Oggi a Budapest, come anche in Italia, pare che il ricorso all’alcol non sia più solo una scorciatoia per sentirsi disinibiti, ma anche un metodo di evadere da una situazione difficile e dall’assenza di fiducia nel futuro. “A volte il sabato inizio a bere alle cinque, ma mai da sola – ci racconta una studentessa della ELTE, storica università del Paese -. La sera non importa dove andiamo, possiamo anche restare nel cortile di casa: basta qualche bottiglia di vino con l’amico giusto. Devo studiare molto, quindi cerco di bere solo nel fine settimana. I miei coetanei quì a Budapest bevono di più, per divertirsi e lasciare da parte i pensieri tristi. Al Sziget però non conviene, costa troppo e poi se pago l’ingresso, i concerti preferisco ricordarmeli bene!“. Le bevande sono decisamente costose e i controlli all’ingresso limitano l’introduzione di bottiglie acquistate altrove.
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[ad]Sesso non protetto, alcol, droghe, di “aromi naturali” se ne sentono parecchi: cose che si rimproverano al festival e che non sembrano aver nulla a che fare con l’evento in se; lo frequento da diversi anni e ho notato che è l’atmosfera che lo contraddistingue a rendere euforici e spigliati. In altre parole, non è un posto dove ci si reca solo per ubriacarsi. Fare conoscenza è facile come dovrebbe esserlo sempre: fermi qualcuno, chiedi una cosa qualunque e, se ti piace il concerto che sta per andare a sentire, ti aggreghi. Si creano dal niente gruppi di ragazzi dalle provenienze più svariate e non è detto che non si vedranno mai più. Sono molte le amicizie nate qui. “Ci siamo conosciuti nel 2007 proprio tra questi palchi – raccontano due ragazzi, entrambi di Trieste – Abbiamo fatto amicizia e ci siamo perfino messi in affari insieme, oltre ad aver comprato un appartamento a Budapest dove veniamo con altri amici, quando siamo liberi”. Il Sziget, a ben guardare, ha anche una rilevanza storica. Nacque infatti a breve distanza dal crollo dell’Unione Sovietica, una volta scomparso così il controllo del “comitato della canzone” creato dall’Urss per tenere d’occhio la creatività musicale dei popoli controllati e censurare i lavori sgraditi al regime. Per offrire ai giovani magiari ormai liberi dalle regole dell’occupante uno spazio dove esibirsi, fu ideato il format del festival, ampliato negli anni, con la sua crescita da evento locale a data fissa sul calendario musicale internazionale. Giù le mani dal Sziget quindi, anche se il governo ungherese ha già provato a bloccarlo con la richiesta, nel 2011, di un affitto esorbitante per lo spazio adibito alla manifestazione. Il Sziget ha resistito e la richiesta si è fatta più sostenibile; per fortuna, perché vale davvero tanto, come dicono i cantanti con cui abbiamo parlato quest’anno.
Le voci italiane al Sziget Festival
“E’ un peccato che in Italia non si possa fare una cosa del genere – commenta Dente, cantautore emiliano – L’aspetto positivo è che gli italiani sono costretti a spostarsi e conoscere altri ambienti. D’altro canto, il fatto che il Sziget abbia attirato circa 20mila italiani e che ci sia addirittura un palco italiano significa che in Italia non esiste una proposta neanche solo vicina a livello qualitativo. Ci manca la cultura del festival, da noi tendiamo a sfruttare un grande nome che attira i paganti, mentre qui ci sono tanti artisti famosi e una miriade di emergenti, il tutto in un ambiente eccezionale.” “Un posto del genere – prosegue Dente – offre l’occasione di assistere a concerti per cui non avremmo mai pagato il biglietto. Ad esempio ieri mi sono visto i Korn, che non sono affatto il mio genere. Continuano a non piacermi, ma vederli in questo contesto è stato interessante” Dente, cantautore
“Il festival è ricchissimo di happenings e ti fa rendere conto che in Italia questo tipo di eventi non gireranno mai. Mi fa sentire libero.” Davide Auteliano, I Ministri
“Budapest ci sta piacendo molto, il Bastione dei pescatori è tanto bello che ci ha fatto urlare, il Danubio fa quasi commuovere, la Cattedrale di San Mattia è splendida. A Buda ci siamo fermati in un piccolo bistro’, a Pest abbiamo provato vari locali, senza un programma preciso, entrando dove c’era movimento. Cosa ci ha colpito di più del Sziget? I panini! Giganteschi, roba da un chilo e due! Scherzi a parte, l’organizzazione, che è pazzesca, precisa e capillare. Far funzionare un evento così grosso non è facile, ma da parte nostra abbiamo ricevuto un’assistenza impeccabile; d’altro canto ci hanno addirittura ripreso per aver sforato di un paio di minuti!” Giulio Favero, Il Teatro degli Orrori
di Claudia Leporatti