La Slovenia rischia la faccia a Bruxelles: l’ultima mossa del governo Janša è vista in sede europea come un vero ricatto. Lubiana non ratificherà il trattato di adesione della Croazia (mossa già compiuta da 14 stati UE su 27) se Zagabria non cederà sulla questione dei debiti della Ljubljanska Banka di jugoslava memoria.
[ad]A seguito del fallimento della Ljubljanska Banka negli anni ’90, 172 milioni di euro di risparmi di 130.000 cittadini croati finirono direttamente nel debito pubblico sloveno. L’istituzione-figlia, la Nova Ljubljanska Banka (NLB), è stata citata in giudizio da due banche croate per riottenere il denaro. Ma secondo la Slovenia l’intera vicenda va giudicata nel contesto degli accordi di successione alla Jugoslavia, direttamente in sede della Bank of International Settlements (BIS) di Basilea in Svizzera. Il governo HDZ di Kosor nel 2010 aveva accettato il principio dei negoziati in sede BIS, ma a fronte di pochi progressi sulla questione l’attuale governo socialdemocratico sembra essere tornato all’idea della risoluzione bilaterale. Nel frattempo, lo scorso mese di giugno la Slovenia ha versato altri 382 milioni di euro nelle casse della NLB per impedirne una nuova bancarotta.
Il ministro degli esteri sloveno Karl Erjavec aveva già sottolineato la questione in giugno e vi è tornato in settembre: “Personalmente mi auguro che la Croazia acceda all’Unione Europea il prima possibile e che l’accordo sia ratificato… ma la precodizione a ciò è che venga risolta la questione della Ljubljanska Banka“.
La comunità diplomatica europea di Bruxelles tuttavia non è affatto felice della mossa slovena: la Commissione e i funzionari degli stati membri vedono come fumo negli occhi questa intromissione di una questione bilaterale in una complessa procedura pluriannuale di rilevanza continentale. La Slovenia sembra sempre più fare la figura del rompiscatole che cerca di far pesare il proprio status di paese membro per risolvere i suoi problemi bilaterali, a scapito dell’interesse generale. Un po’ come Cipro, la cui questione avvelena le fondamentali relazioni tra l’Unione e la Turchia. Per questo la pressione su Lubiana aumenterà a partire dal 10 ottobre, con la pubblicazione dell’ultimo rapporto della Commissione sull’allargamento alla Croazia. Se, come plausibile, questo sarà positivo, la Slovenia non avrà più alibi per tenere in sospeso la ratifica del trattato d’adesione.
Secondo l’analista politico croato Davor Gjenero, inoltre, la questione potrebbe essere gonfiata da entrambe le parti per fini elettoralistici. La Slovenia va alle urne in ottobre per eleggere un nuovo capo di stato, la società è molto divisa e il paese è sull’orlo della bancarotta: riattizzare un “nemico esterno” è una strategia populista che potrebbe servire gli interessi elettorali dell’attuale governo a Lubiana. Se così fosse, il contenzioso dovrebbe rientrare una volta passata la stagione elettorale (pur senza una soluzione in vista per i risparmiatori della LB), e Zagabria non dovrebbe subire eventuali ritardi nel suo accesso all’Unione, previsto per luglio 2013.
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[ad]Le relazioni bilaterali avevano già messo i bastoni tra le ruote all’adesione della Croazia all’UE nel 2008, quando Lubiana minacciò di bloccare i negoziati per via del contenzioso sui confini marittimi nel golfo di Pirano – questione che la Croazia si impegnò a risolvere tramite arbitrato internazionale, ma che resta ancora aperta. Ancora, l’anno scorso la Slovenia si era messa in cattiva luce quando gli interessi economici di una azienda slovena di costruzioni avevano spinto il governo di Lubiana a mettere il veto ad ulteriori sanzioni contro la Bielorussia, attirandosi l’ira della Polonia e venendo infine costretta a fare un passo indietro.
C’è da augurarsi che la Croazia abbia appreso la lezione e che non si comporti allo stesso modo una volta fatto il suo ingresso nell’UE. I propositi sembrano buoni: dopo la questione del golfo di Pirano, Zagabria dichiarò solennemente che non avrebbe mescolato questioni bilaterali e multilaterali impedendo l’integrazione degli altri stati balcanici. E ultimamente sembra essere vicina alla soluzione anche la questione croato-bosniaca del corridoio di Neum / ponte di Peseljac, grazie alla mediazione UE.
di Davide Denti