Una nuova polemica pare destinata ad aprirsi a proposito della presunta “trattativa Stato Mafia”.
[ad]La Consulta – chiamata dal Presidente Napolitano a decidere sul conflitto d’attribuzione – ha infatti emanato un’ordinanza istruttoria in cui si richiedono ai pm palermitani molte informazioni sulle telefonate del Presidente intercettate: i magistrati dell’Alta Corte vogliono infatti conoscere il numero e le date delle telefonate e i “brogliacci”, le sintesi del contenuto delle stesse.
Si tratta di telefonate captate involontariamente – a quanto affermato dal procuratore Messineo – nella ricerca di maggiori informazioni sull’ex ministro Nicola Mancino, conversazioni ritenute penalmente irrilevanti, ma sulle quali si è aperto un problema all’apparenza procedurale: quelle conversazioni avrebbero dovuto essere immediatamente distrutte, secondo la Presidenza della Repubblica (il cui decreto richiamava tra l’altro l’art.90 della Costituzione), mentre l’intenzione della Procura palermitana era quella di farle prima visionare al gip e far quindi decidere a lui se erano o meno irrilevanti ai fini dell’inchiesta, come previsto dal Codice di Procedura penale.
Una richiesta inusuale, secondo i magistrati palermitani, quella pervenuta dalla Corte Costituzionale, perché entra in profondità nella vicenda: “La Consulta deve decidere su una questione di principio: se avevamo o meno l’obbligo di distruggere le intercettazioni, non sul numero o sul contenuto. Ci sembra francamente anomalo, non ci aspettavamo una simile richiesta” – ha commentato Ingroia – “Adesso valuteremo, assieme agli avvocati, quali documenti dobbiamo consegnare e presenteremo le nostre osservazioni in merito”.
In un clima già di suo piuttosto rovente, è poi arrivata anche una minaccia di morte al magistrato di Palermo, da mesi al centro delle cronache giudiziarie e politiche e impegnato anche in indagini su alcune cosche mafiose. Minacce che non preoccupano però più di tanto lo stesso Pm, per il quale sono comunque state rafforzate le misure di sicurezza.