Bielorussia: solite elezioni nella solita dittatura

Pubblicato il 27 Settembre 2012 alle 09:37 Autore: EaST Journal
elezioni in bielorussia

Le elezioni parlamentari del 2012 si sono pigramente svolte in Bielorussia questo weekendÈ persino noioso parlarne: nel regime di Lukashenko, le “elezioni” non sono che una farsa ben organizzata. Nessuna libertà d’espressione né di dissenso, mano pesante della polizia (la milicija) sui candidati indipendenti, risultati già conosciuti ben prima dell’inizio delle procedure elettorali, partiti d’opposizione che non partecipano e invitano al boicottaggio. Il risultato finale, per capirci, dovrebbe essere di 109 parlamentari su 110 per il partito di regime, e un seggio da riassegnare per mancanza di quorum. Le organizzazioni internazionali (OSCE in testa) troveranno un modo per dire, diplomaticamente, che le elezioni non sono state “free and fair” ma che qualche limitato progresso bisogna pur vederlo per non perdere la speranza. Ma perché mai una dittatura dovrebbe prendersi la briga di organizzare delle elezioni?

 

Come consolidare una dittatura in Europa

[ad]Il sistema instaurato da Lukashenko viene indicato da politologi quali Pavel Uzov come “neo-autoritario e caratterizzato dalla rimozione precoce dei processi democratici in via di consolidamento, da un ampio sostegno da parte della popolazione, e dalla resistenza a pressioni interne ed esterne per la liberalizzazione. Il regime combina elementi di continuità con il sistema sovietico (caratterizzato da centralizzazione, controllo, repressione e ateismo) con altri elementi di discontinuità, tipici di regimi democratici o “aperti” (elezioni, partiti, libertà religiosa, pluralismo limitato), in grado di dargli la necessaria flessibilità.

Tra gli elementi di discontinuità ed innovazione vi sono i meccanismi elettorali di legittimazione del potere e mobilitazione dei cittadini; un limitato pluralismo politico e informativo (la presenza di 7 partiti d’opposizione registrati aiuta a legittimare le elezioni davanti ai cittadini stessi e agli osservatori internazionali, internet è ancora libero, ma raggiunge solo il 3% della popolazione); la libertà di espressione religiosa, declinata in senso ortodosso-maggioritario e inserita nell’ideologia di stato; una componente liberale/capitalistica dell’economia (20%) che resta minoritaria ma permette al sistema di assorbire con maggior flessibilità gli shock esterni; un’autonomia individuale dei cittadini, declinata in libertà di movimento interno al paese e consumi materiali, ma senza possibilità di attivismo politico.

elezioni in bielorussia

Gli elementi democratici inseriti in questo neo-autoritarismo vengono tenuti sotto stretto controllo: non è possibile impegnarsi in ONG e partiti d’opposizione per gli impiegati statali (50% della popolazione attiva) e le organizzazioni non registrate sono soggette a procedimenti penali con pene da 3 a 5 anni. Gli studenti che si trovino a parteggiare per l’opposizione rischiano la perdita dei sussidi e l’espulsione dall’università.

I fattori dell’immobilismo: politica, economia, mentalità

L’opposizione resta frammentata e debole, per cause tanto interne quanto esterne. Da una parte, i dissidenti soffrono lo scontro tra un blocco nazionale e un blocco filo-russo, sfruttato dalla propaganda di stato; una tendenza ad “attendere il miracolo” (crisi economica o influenza russa) che possa cambiare la situazione; la mancanza di un vero interesse al cambiamento politico, quanto piuttosto la ricerca dei finanziamenti per tenere in vita le strutture organizzative stesse. Ciò è un riflesso della stessa mentalità del governo: una visione del potere come accesso alle risorse piuttosto che come gestione della cosa pubblica. Dall’altra parte, i cittadini bielorussi sanno che un cambiamento di regime metterebbe a repentaglio quel 50% di posti di lavoro nel settore pubblico e hanno anche per questo un debole potenziale di mobilitazione. Infine, il governo continua a imporre restrizioni materiali all’espressione pubblica del dissenso, e la mancanza di una liberalizzazione economica impedisce la presenza di conflitti materiali di interesse che si possano riflettere in una competizione anche a livello politico, come avvenuto ad esempio in Ucraina attraverso il finanziamento dei partiti politici da parte dei diversi oligarchi.

(per continuare la lettura cliccare su “2”)

L'autore: EaST Journal

East Journal è un progetto di giornalismo partecipativo che nasce dal basso, fatto da giovani e senza fini di lucro. East Journal è una testata registrata presso il Tribunale di Torino, n° 4351/11, del 27 giugno 2011. I contenuti sono condivisi con Termometro Politico grazie alla partnership nata da marzo 2012 tra le due testate giornalistiche. Il nostro obiettivo è quello di raccontare la “nuova” Europa, quella dell’est, che rappresenta il cuore antico del vecchio continente. La cultura e la storia ci insegnano la comune appartenenza. L’europeismo critico è dunque una nostra vocazione. Tra i nostri temi più cari figurano poi la tutela delle minoranze, l’analisi dell’estremismo di destra, la geopolitica energetica, il monitoraggio del crimine organizzato transnazionale.
Tutti gli articoli di EaST Journal →