Bielorussia: solite elezioni nella solita dittatura
Contro i due cliché dei Lukashenkiani
[ad]Sono due le principali contro-argomentazioni che gli amici di Lukashenko in Italia ripetono ogni volta. La prima suona più o meno: anche se le elezioni fossero gestite secondo standard occidentali, la popolazione bielorussa sceglierebbe Lukashenko. In realtà è scientificamente impossibile dire quali sarebbero le preferenze espresse da una popolazione una volta che si cambiano pressoché tutte le regole del gioco, dalla libertà d’espressione alla mancanza della paura di ritorsioni. Lo si è visto nel 1989 in Polonia, quando il partito comunista credeva di vincere comunque e il 99% dei seggi al Senato andò invece a Solidarnosc. L’attuale sistema, per come è organizzato, permette all’élite attuale di mantenersi comodamente al potere.
La seconda invece sostiene: tutto sommato i bielorussi non stanno male, in quanto a livelli di vita. Un cambiamento di regime politico ed economico impoverirebbe la popolazione. Anche in questo c’è un fondo di verità: il regime bielorusso compra il consenso permissivo della maggioranza della popolazione tramite la ridistribuzione del reddito. Tuttavia le politiche attuali stanno lentamente erodendo le basi economiche della Repubblica (ad esempio tramite la vendita alla Russia di quote sempre maggiori delle aziende e reti energetiche statali) e gli effetti della svalutazione dell’anno scorso ancora si fanno sentire sui salari.
Se ne esce? Non se ne esce?
Non c’è una ricetta unica per uscire da un regime autoritario. I politologi Juan J. Linz e Alfred Stepan nel 1996 ne elencavano almeno 7, tra cui la sconfitta militare (come per Germania e Italia), l’intervento dell’esercito stesso contro il regime (Portogallo), il collasso per sollevazione popolare (stile Ucraina 2004), il compromesso riformista (Polonia e altri paesi centroeuropei) e la liberalizzazione graduale (Spagna). Per il momento, nessuna di queste strade sembra plausibile per la Bielorussia nel breve-medio periodo. L’Unione Europea, che aveva puntato sulla strada della liberalizzazione graduale, dopo il fallimento dell’opzione del sollevamento popolare nel 2006, questa volta non ha proferito parola e si prepara a mantenere le sanzioni. Anche se è sempre estremamente difficile prevedere il collasso degli imperi (prova ne siano il 1989 e il 2011), per ora in Bielorussia i fattori di stabilità del regime sembrano essere ancora più forti degli eventuali fattori di cambiamento.
di Davide Denti