Vale la pena di parlare delle regole delle Primarie? Non passa giorno senza che militanti, blogger, opinionisti e semplici utenti dei più diffusi social network esprimano legittimamente il proprio parere a proposito di quali regole il Pd debba adottare – e sottoporre agli alleati – per organizzare le primarie. Il punto è che tale discussione è –almeno in parte – influenzata da affermazioni non corrette.
[ad]Probabilmente, sarebbe stato meglio stabilirle per tempo, a luglio, quando il segretario Bersani ha “liberalizzato” le primarie, rinunciando all’esclusività garantita dall’articolo 18 dello Statuto del partito. Già allora erano certe le candidature di Vendola e Renzi, già allora si poteva chiudere il discorso delle regole e passare a quello dei contenuti. L’obiezione del “non si conosce ancora la legge elettorale” (quindi, non c’è ancora una coalizione, non sappiamo se servirà o meno averla), sta in piedi fino ad un certo punto.
Perché da un lato, il “campo dei progressisti” da organizzare non può prescindere da una serie di alleanze sia con i partiti minori (Psi in primis, ma anche l’ApI di Rutelli), sia con il partito di Vendola: senza quest’ultimo, non si ha un “campo dei progressisti”, ma un’altra cosa. D’altro canto, il procrastinare sulle regole induce la stessa Sel a flirtare oggi con il Pd, ieri con l’IdV, financo con gli ex compagni Ferrero e Diliberto, aggiungendo munizioni alla campagna elettorale di Renzi oggi, di Berlusconi (o chi per lui) domani.
Ora, tra dieci giorni, l’Assemblea del Pd si riunirà per – tra le altre cose – apportare quella modifica allo Statuto che permetterà la partecipazione alla contesa a Renzi, Puppato, Gozi e chi altri voglia partecipare. Per avere le regole della competizione invece dovremo aspettare almeno qualche altro giorno.
Tutto ciò alimenta il chiacchiericcio, informato o meno che sia. Il renziano Reggi ha –improvvidamente – parlato di “metodi alla Ceaucescu” a proposito dell’intenzione di introdurre un registro degli elettori. Lo Statuto, però, già all’articolo 1 presenta la figura dell’”elettore” quale elemento costituente del partito, attribuendogli un ruolo specifico, e nel successivo contempli la presenza di un apposito albo.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)
[ad]Il pericolo avvertito da Reggi e da alcuni altri sostenitori del Sindaco fiorentino è che, con l’albo degli elettori, verrebbe meno la possibilità di attrarre voti dai delusi del centrodestra, esplicitamente chiamati a “cambiare sponda” da Renzi già nella convention di Verona.
Il fatto che lo Statuto del partito citi il suddetto albo già nel secondo articolo però, non va solo a confutare la teoria appena esposta, ma anche a sostegno dell’idea che una maggiore prontezza nel sistemare la questione regolamentare, attenendosi tra l’altro alle esperienze passate, avrebbe avuto l’effetto di liberare il campo dei democratici dalle “polpette avvelenate” del Cavaliere. In realtà, l’albo potrebbe essere un elemento di garanzia per Renzi, nel caso uscisse vincitore, ed in ogni caso ne aumenterebbe il peso politico.
Discorso diverso per l’ipotesi del doppio turno, peraltro non ancora chiara: ma sia che il primo turno preveda una competizione interna al pd – per poi estendere al secondo turno l’arena agli alleati – sia che il primo turno sia aperto a tutti – col secondo condizionato al raggiungimento del 50% dei voti validi, questo meccanismo potrebbe sì rendere difficile per Renzi ottenere l’investitura. D’altro canto, però, alzi la mano chi non ha ironizzato almeno una volta sulla capacità dei democratici di perdere le primarie presentando due o più candidati forti e divisivi: perseverare nell’errore non sarebbe diabolico?
L’impressione, quindi, è che gran parte della discussione sia fondata sul (poco o) nulla, ma che debba essere risolta quanto prima. Converrà a tutti, ed in primo luogo agli elettori del centrosinistra, poter conoscere i programmi dei contendenti.