La manifestazione di Madrid dello scorso 25 settembre ha riportato alla ribalta il movimento 15M (che sta per “15 maggio”), quello che i giornalisti italiani chiamano genericamente gli “Indignados”. Anche se, come ha detto Juan Luís Sánchez su eldiario.es, non si è trattato di un semplice revival.
[ad]È facile vedere qualche piccolo cambiamento rispetto alle proteste, colorite e volte un po’ naif, dell’anno scorso: la manifestazione del 25 settembre è stata “diretta, contundente, ruvida (…) Più Grecia 2011 e meno maggio del 68”.
Dall’altra parte non ha contribuito ad asserenare gli animi la gestione della manifestazioni da parte della polizia, tutt’altro che esemplare.
Il ciclo elettorale aperto nella primavera dello scorso anno con le elezioni amministrative e chiuso ad autunno con le politiche sembrava aver spento il movimento e riportato la protesta alle sedi della politica istituzionale.
L’ampia vittoria del Partito Popolare e lo sprofondamento dei socialisti di Rubalcaba sembrava aprire uno scenario di alternanza e normalità. Pochi mesi dopo le elezioni dello scorso 20 novembre, le piazze sono di nuovo in subbuglio. A Barcellona come come a Madrid, anche se le rivendicazioni sono assai diverse.
Lo scenario è ormai noto: 4,63 milioni di disoccupati, quasi un lavoratore su 4, e una disoccupazione giovanile che ha sfondato ormai la soglia del 50%. L’economia sprofonda per l’effetto combinato della crisi e dell’austerity, con una contrazione del PIL, secondo le proiezioni del FMI, del 1,7% per il 2012 e del 1,2% per il 2013. La ripresa insomma non c’è e neppure si vede all’orizzonte.
L’ultimo sondaggio dell’istituto Simple Lógica racconta la situazione politica forse meglio della semplice cronaca degli scontri. Politicamente sembra delinearsi uno scenario quasi greco (o italiano) con un rapido logoramento dei due principali partiti, PP e PSOE. Il tradizionale “bipartitismo imperfetto” spagnolo sembra iniziare a sgretolarsi, con un PP che ha perso 10 punti in 10 mesi e un PSOE che riesce a perderne altri 3 rispetto alle elezioni del 2011, dove ottenne i peggiori risultati della sua storia. Se i voti di PSOE e PP rappresentavano il 73.4% dei voti alle ultime politiche (addirittura l’83,8% nel 2008) oggi rappresenterebbero soltanto del 60,7% dei consensi. I grandi beneficiari sono Izquierda Unida (IU), che passerebbe dall’ottimo 6,9% raccolto alle ultime politiche (3,77% nel 2008) al 10,7%, e Unión Progreso y Democracia (UpyD), partito liberale e centralista, che dal 4,6% del 2011 (1,2% nel 2008) raggiungerebbe l’8,6%.
Ma l’aumento più significativo sarebbe ad oggi quello dell‘astensione. Se l’autunno scorso la partecipazione è stata 69%, un dato comunque modesto, oggi sarebbero poco più del 53% gli spagnoli disposti a recarsi alle urne. Uno scenario di sfiducia generalizzata nella politica, ben noto anche in Italia, che spiega il successo della manifestazione di martedì scorso e che potrebbe aprire un nuovo ciclo di proteste di piazza nei prossimi mesi.
di Ton Vilalta