Roberto Maroni ha scelto Torino per la prima grande kermesse della Lega Nord dalla sua investitura a segretario.
Torino, città operaia per eccellenza, quasi un feudo, ormai, per le amministrazioni rosse, fuori per giunta dal Lombardo-Veneto, ove l’humus leghista aveva meglio attecchito nei venti e più anni di reggenza del Senatur.
[ad]Torino capoluogo di una regione amministrata però da un alto dirigente leghista, Roberto Cota, regione sede dell’ultima perquisizione delle Fiamme Gialle nelle diverse inchieste che coinvolgono ormai questo livello istituzionale.
Una scelta senz’altro simbolica, di rottura con un passato fatto di ben altri riti e rivendicazioni.
Niente ampolle, questa volta, ma piuttosto “business lunch”, “dinner”, “coffee break” e “workshop tematici”.
E niente Padania. “Prima il nord”, ma spazio anche per il governatore della Calabria.
Due giorni dove si è parlato di economia, welfare, Europa, imprenditoria, finanza, territori; e a parlarne sono stati invitati ospiti non usuali dalle parti di Gemonio: Di Vico, Bonanni, Squinzi, Giannino, il citato Scopelliti, Vittadini e – niente meno che – Corrado Passera.
Il tutto per elaborare e presentare un manifesto che sancisca una rinnovata unità d’intenti con l’imprenditoria del nord, mai del tutto affezionata al partito che fu di Bossi e ancor meno dopo gli scandali che hanno travolto la famiglia e la corte del Senatur.
Dodici punti, dal drastico taglio dei costi della politica, alla riduzione consistente dei dipendenti pubblici delle Regioni non virtuose (così da avere “’meno Stato, meno sprechi e più federalismo”), alla riforma su base territoriale di lavoro e previdenza. Ce n’è anche per la finanza: “banche vere per il Nord”, ossia “commissariare le banche che non sostengono le imprese produttive del Nord nell’accesso al credito” e “introdurre subito una fiscalità di vantaggio per i territori del Nord, per contrastare la delocalizzazione delle imprese”. E ancora idee sulle infrastrutture – per le quali favorire la liberalizzazione -, la previsione di “zero Irpef per l’assunzione di giovani sotto i 35 anni per i primi tre anni di lavoro”, l’introduzione di “un nuovo sistema scolastico su base regionale, collegato al mondo delle imprese”, che premi gli insegnanti preferiti dai cittadini.
Infine due proposte ad effetto. La prima, dedicata al mondo delle imprese: “eliminare i sussidi alle imprese senza futuro, per incentivare innovazione, export e ricerca”. La seconda, l’istituzione di una “Euroregione Nord, costituzionalmente autodeterminata, che definisce le proprie politiche e opera con regole certe per rilanciare efficienza e sviluppo”, e che “a livello regionale il 75% delle tasse pagate dai cittadini e dalle imprese per investire nello sviluppo”.
L’obiettivo, si diceva, è quello di avvicinare l’imprenditoria settentrionale, al fine di diventare il partito egemone al di sopra del Po: “è il nostro obiettivo politico”, ha ribadito il segretario Roberto Maroni intervenendo alla presentazione del Manifesto degli Stati Generali del Nord.
E qualche risultato è riuscito ad ottenerlo già oggi, a partire dall’approvazione del Presidente di Confindustria Squinzi sull’eliminazione dei sussidi alle imprese senza futuro (“l’importante è che si abbassi il prelievo fiscale”, ha rilanciato il patron della Mapei), e del leader della Cisl sui criteri per favorire l’occupazione giovanile e la riorganizzazione delle imprese del Nord. Più difficile – ma era ovviamente previsto – convincere invece Passera a sbilanciarsi a favore dell’autonomia fiscale del Nord (tra il ministro e il segretario, un curioso siparietto, con lo stesso Maroni che ha tolto le castagne dal fuoco al responsabile dello Sviluppo dicendo “tu dici un sì che è un no”).