Il Pianeta dei Venti e il sogno americano

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Il Pianeta dei Venti e il sogno americano

 

DISCLAIMER: nell’articolo che segue sono presenti dettagli della trama del romanzo WINDHAVEN (1981), di George R. R. Martin e Lisa Tuttle

George R. R. Martin è probabilmente lo scrittore fantasy contemporaneo più celebre e conosciuto al mondo: lo strepitoso successo della saga epica A Song Of Ice And Fire e la serie TV che ne è stata tratta e che ha visto le prime due stagioni conoscere un successo trionfale hanno letteralmente catapultato lo scrittore americano nell’olimpo dei grandi della letteratura.

[ad]Proprio a causa di questa travolgente ascesa le case editrici di tutti i Paesi del mondo stanno lentamente acquisendo i diritti delle opere meno recenti dello scrittore di Bayonne; l’Italia non fa naturalmente eccezione e proprio nelle ultime settimane la Mondadori – che già detiene i diritti per le altre opere di Martin – ha pubblicato Il Pianeta dei Venti (titolo originale Windhaven), romanzo del 1981 scritto in collaborazione con Lisa Tuttle. Non si tratta in realtà della prima pubblicazione italiana: già nel 1983 la Editrice Nord si era cimentata nella pubblicazione di questo romanzo, ma sarà sicuramente grazie alla nuova edizione della Mondadori, forte del successo delle altre opere dell’autore, che porterà l’opera al grande pubblico nel nostro Paese.

Martin, è noto, è un fervente liberal e convinto elettore democratico. Nelle sue opere non è difficile trovare riferimenti più o meno diretti alle sue convinzioni politiche, ma ne Il Pianeta dei Venti emerge in maniera estremamente esplicita il tema del sogno americano, il sogno americano di un elettore democratico alla fine degli anni ’70 ma senza alcun dubbio un sogno americano che in questo periodo di campagna elettorale torna più vivo e più attuale che mai.

L’ambientazione del romanzo è una sorta di medioevo fantascientifico: in un futuro remoto una nave spaziale precipita rovinosamente sul Pianeta dei Venti, un luogo inospitale quasi interamente sommerso dalll’oceano, da cui emergono pochi sparuti arcipelaghi abitabili; un mare perennemente in tempesta e abitato da creature mostruose rende difficili le comunicazioni tra le varie isole, che si ritrovano quindi ad essere nelle mani dei volatori; grazie alle ali, strumenti meccanici ricavati dai resti della nave spaziale, i volatori riescono ad effettuare una sorta di volo planato che consente loro di potersi spostare piuttosto agevolmente da un’isola all’altra.

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[ad]Martin e la Tuttle, con grande accortezza, non si sono limitati ad un background storico e geografico di tutto rispetto: un ruolo fondamentale nella storia è legato infatto alla struttura sociale del pianeta, e alla sua evoluzione nel tempo: sul Pianeta dei Venti si è venuta a creare una sorta di società feudale, basata sulla proprietà terriera ma con peculiarità locali che rendono lo status di “terriero” (così sono conosciuti i feudatari) ereditario in alcune regioni quanto elettivo in altre. I volatori si pongono al di fuori e in qualche modo al di sopra della società: non sono soggetti al potere dei terrieri, godono di uno status privilegiato – che in certi arcipelaghi assume anche la forma del potere politico o religioso – e non devono rispondere ad altri che a loro stessi. Lo status dei volatori è rigidamente ereditario, e questo con il tempo ha profondamente fratturato la società in due parti, volatori e terragnoli, con evidenti frizioni sociali.

È in questo scenario complesso e articolato che prendono vita le vicende del romanzo, corale nel raccontare la manifestazione di forze sociali di ribellione allo status quo ma individuale nell’incarnazione di tali forze nella figura di Maris, la protagonista, e negli altri comprimari che popolano il romanzo. Già di per sé questa scelta stilistica esalta la figura del self made man inteso come catalizzatore, come individuo in grado di cogliere e indirizzare le tensioni sociali senza lasciarle disperdere in mille rivoli contrastanti. Una visione che da un lato esalta l’individualismo americano senza tuttavia sfociare in un titanismo ormai superato dai tempi e dagli eventi, e dall’altro lo stempera invece in una cornice realistica fatta di decisioni politiche e una buona dose di sociologia e psicologia.

L’obiettivo di Maris è l’apertura della casta dei volatori a influenze esterne, la sostituzione del principio di ereditarietà – deleterio in un mondo in cui le ali non sono sostituibili ed un figlio può non ereditare il talento dei genitori – con quello di meritocrazia; il primo terzo del romanzo narra il modo in cui Maris, sovvertendo le tradizioni, riesce nell’intento di fondare delle accademie di volo in cui tutti, indipendentemente dalla loro nascita, possono imparare a volare. È forse in questa prima parte del romanzo che si manifestano più coerentemente le idee – o per meglio dire le speranze – politiche degli autori: Maris cambia il sistema senza sovvertirlo, le naturali tensioni che si ingenerano in questa fase tra la casta dei volatori per nascita e gli aspiranti volatori nati terragnoli si risolvono nella saggezza delle scelte dei custodi della legge e della tradizione, in grado di perseguire il bene comune anche a costo dell’abbattimento di parte dei privilegi di cui godono.
L’evoluzione del tessuto democratico della società, grazie all’impegno individuale di persone eccezionali che sanno farsi interpreti di necessità storiche e sociali, senza per questo distruggere il sistema sociale: quale migliore iconografia celebrativa del modello politico americano?

Quella di George Martin e Lisa Tuttle non è tuttavia una semplice fiaba a lieto fine o l’agiografia di un sistema politico.
L’abilità creativa che ha condotto alla definizione di un simile background nel romanzo trova piena espressione nella valutazione delle conseguenze del gesto di Maris, senza tralasciare quelle più inaspettate e sgradevoli.
La seconda parte del romanzo, forse quella maggiormente di passaggio, evidenzia cosa significhi nella realtà un simile cambiamento sociale, mostrando l’ostilità in cui vivono le accademie, la loro progressiva chiusura per chiudere con gli scontri sempre più tesi tra i vecchi ed i nuovi volatori, fino alle minacce ed allo scontro fisico. Vengono messi in risalto i sentimenti che i nuovi e i vecchi volatori provano gli uni verso gli altri, con una varietà di espressioni e caratterizzazioni che rendono il mondo creato dai due autori realistico e verosimile. Particolarmente significative diventano quindi le sfide annuali per la conquista delle ali, dove Martin e la Tuttle possono descrivere al meglio questa fase di transizione, pacifica come nel caso della sfida tra Garth e S’Rella, oppure traumatica e violenta come nel caso dello scontro tra Corm e Val.

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[ad]Sarà tuttavia solo nella terza ed ultima parte del romanzo che tutti questi nodi verranno finalmente al pettine, e anche qui gli autori sconvolgono le aspettative dei lettori presentando un aspetto, forse amaro ma indubbiamente realistico e logico nell’ottica del romanzo, dei nuovi volatori, o Un’Ala come vengono chiamati nel romanzo: capaci di volare ma incapaci di comprendere appieno il significato dell’essere volatori, iniziano a trasfomarsi da semplici messaggeri a ambasciatori non richiesti, finendo con l’alterare il contenuto dei messaggi e alienarsi le simpatie dei terrieri, i quali a loro volta iniziano ad esercitare il proprio potere politico e militare su di loro. Dovrà ancora essere Maris, costretta a terra da una tremenda caduta che le ha reso impossibile volare, a gestire questa nuova fase di transizione riunendo le due anime dei volatori e riuscendo a impedirne la subordinazione ai terrieri. Non viene tuttavia completamente eliminata l’inquietudine delle ali usate come arma e come strumento di ricatto, né viene esclusa la creazione di una nuova classe egemone – per meritocrazia anziché per diritto di sangue – formata dai volatori, né, infine, vengono esclusi sviluppi che possano portare a futuri conflitti. Il finale è lieto per Maris, ma aperto per il Pianeta dei Venti a mille possibilità, nate dal desiderio di Maris di volare e sviluppatesi ben oltre le originali intenzioni delle persone che li hanno messi in moto.

Sarebbe indubbiamente scorretto definire Il Pianeta Dei Venti un romanzo politico, eppure vi è sufficiente politica – e ideologia – per disegnare il sogno americano di Martin e della Tuttle; soprattutto, il romanzo presenza tratti socio-politici sufficientemente marcati e realistici per costituire un valido banco di prova per le tesi che i due autori si propongono.
Il sogno di Maris di indossare le ali cambia per sempre il mondo in cui vive, in modi che vanno ben oltre le sue intenzioni e in modi che lei stessa giunge a disapprovare. La soluzione, per Martin e la Tuttle, risiede nella spinta individuale votata al bene comune; è ancora un sogno attuale? C’è ancora spazio per le persone come Maris nell’America e nel mondo di oggi?
Forse il messaggio dei due autori è in realtà più vivo ora che negli anni ’70, in un momento storico di difficile crisi economica che non consente di guardare con ottimismo al futuro. È proprio in un simlie frangente che tuttavia si fa vivo il bisogno di interpretare e indirizzare i bisogni della gente comune, abbattendo i privilegi delle caste egemoni senza tuttavia distruggere un sistema – ci dicono George Martin e Lisa Tuttle – comunque più sano di quanto comunemente saremmo portati a credere e nel quale offrire ancora fiducia.